Lo scorso 16 aprile è stato pubblicato un articolo sulla testata “L’Espresso” relativo al Premio Dirigenti in Ferrovia dello Stato, una notizia che ha destato non poco scalpore, considerato il fatto che in un anno così particolare che ci ha visto vittime di una crisi pandemica senza precedenti, in un anno in cui anche questa grande azienda, come del resto tutte le altre, ha faticato ad andare avanti, tra una perdita che ammonta a circa mezzo miliardo, ci sono però, paradossalmente circa 942 dirigenti che riceveranno, insieme all’amministratore delegato Gianfranco Battisti, un premio di produzione per gli obiettivi raggiunti nel 2020, naturalmente sulla parte variabile dello stipendio. Tutto questo non poteva accadere in uno scenario più inverosimile di questo, in un momento storico così martoriato che ha visto sia il blocco dei treni per l’alta velocità, con treni vuoti, di tutto il gruppo FS, per più di un anno. La perdita di guadagno di questo colosso è pari a circa 562 milioni, ma nonostante ciò una grande fetta di dirigenti è riuscita a raggiungere gli obiettivi prefissati e a conquistarsi l’agognato premio. I dirigenti si apprestano così a ricevere il lauto compenso di «oltre 20 milioni di euro», cioè tra il 20 o 30 per cento della retribuzione annuale, un premio nominato «mbo», che sta per «management by objectives», ci viene subito da pensare che si è voluto appositamente utilizzare un acronimo in inglese probabilmente per confondere le idee a quanti non ne conoscono nemmeno il significato..
È forse tutto un gioco di prospettiva, una tecnica di rappresentazione che consente in questo caso una visualizzazione della realtà a seconda dell’angolatura di osservazione. Basti pensare che qualche tempo fa si è parlato dell’accordo AGENS e dell’una tantum walfare in misura unica a tutti i lavoratori. Un’operazione, anche questa, che aveva colpito molto, considerato il periodo storico: come era possibile che un’azienda, nonostante la crisi del settore e le perdite contingenti, sia riuscita a sottoscrivere un accordo del genere? Un piccolo contributo, che rispetto alla situazione di altre aziende e di altre realtà, ha potuto “gratificare” una categoria di lavoratori, in particolar modo gli equipaggi, per l’impegno e la devozione profusa nonostante la paura di essere quotidianamente esposti al Covid-19, lavorare nonostante tutto. Un’ “una tantum” di 890 euro a livello C, più 400 euro per i lavoratori con contratto di secondo livello “lordi”.
Ma in questa circostanza, l’attenzione è ricaduta subito sulla disparità di compenso tra i dirigenti e i dipendenti: infatti equipaggio, operai, impiegati e tante altre figure professionali sono stati particolarmente “sorpresi” dalla notizia del premio dirigenti ed è stato quindi inevitabile portare un paragone circa il peso economico dei due premi. Era davvero così necessario nonostante i treni a lungo fermi, il rosso di 562 milioni e quasi 1,4 miliardi di euro di contributi pubblici, erogare a 942 fortunati un premio per i “risultati raggiunti”? E secondo il Segretario Nazionale della Uiltrasporti, Paolo Fantappiè, se fossero confermate le notizie circa i corposi indennizzi economici, si tratterebbe di un atto inopportuno e soprattutto fuori luogo rispetto al momento di grave emergenza sanitaria ed economica oggi presente nel nostro Paese. Si parlerebbe di circa 20 milioni di euro quantificabili in circa 20 mila euro pro capite, cifre da capogiro concesse a tutti i dirigenti compreso l’Amministratore Delegato, a fronte di un rosso di bilancio pari a 562 milioni di euro. “Nel mentre circa 80 mila ferrovieri, che non si sono mai risparmiati durante la pandemia nel garantire il trasporto ferroviario di persone e merci, attendono un rinnovo del contratto di lavoro scaduto oltre tre anni con salari che, ugualmente, attendono di essere adeguati da tempo. Se a questo aggiungiamo la mancanza di un piano industriale che traguardi l’emergenza per un vero rilancio del trasporto in AV, regionale e delle merci in direzione di un futuro positivo e di crescita, forse qualche domanda dovremmo porcela: serve discontinuità o va tutto bene così?” Sembrerebbe lecito pensare che il momento, per operazioni del genere, è davvero sbagliato.