”Io Vado al Museo”, l’iniziativa proposta nel decreto Franceschini del 27 giugno 2014 che prevedeva l’ingresso gratuito a musei e parchi archeologici la prima domenica di ogni mese, ha incrementato la passione dei più giovani nei riguardi dell’immenso patrimonio culturale italiano. Con la riforma dell’ex ministro dei beni culturali Alberto Bonisoli, nel 2018, l’intelligente iniziativa è stata sospesa; più che lo stop dato improvvisamente ad un percorso così intrigante e formativo, fa riflettere però il silenzio tombale in cui è giaciuta la ripresa dell’attività un anno dopo, nell’ottobre del 2019.
Questo racconta il direttore del Museo del Novecento, affascinante parentesi nel contesto medievale di Castel Sant’Elmo, a Napoli, altro gioiello taciuto dai più. Quando si pensa ad un castello napoletano, infatti, la mente corre subito al famoso e ben posizionato Castel dell’Ovo, oppure imprime l’immagine del Maschio Angioino, dimenticando quello che di fatto è il primo castello per estensione della città. Mettere i piedi dove la storia ha camminato prima di noi ti riporta indietro nel tempo, quando gli arcieri tiravano attraverso fessure sottili e i cannoni ora arrugginiti difendevano un tesoro che di materiale aveva ben poco. Da ogni scorcio sulla città Napoli si presenta perfetta, ordinata; vista dall’alto della struttura, tutti i problemi della città più bella del mondo si assottigliano, diventano formiche.
Ma, aldilà del bellissimo quadro dipinto oltre il blu del mare e del cielo, come si incastra un museo di arte contemporanea? Cosa hanno in comune la semplicità del Medioevo e la forza espressiva del Novecento? La domanda sorge spontanea passeggiando per le sale del museo.
Se negli anni ’10 le figure erano ben delineate, improvvisamente i contorni crollano e i colori sembrano impazzire, le forme mescolarsi fino a sparire. L’erotismo si esplicita e perde i connotati. Il realismo sembra stravolgere il volto dei quadri. La politica si fa protagonista.
I manoscritti originali di Tommaso Marinetti, pioniere del Futurismo, conservati in apposite teche, chiariscono l’intento di quello che all’apparenza sembra astratto. Il movimento è la sintesi di tutte le epoche. E il Novecento è un’epoca che non è stata vissuta, che è stata cancellata. Che sia la scultura di un uomo completamente velato, o il disegno di un girotondo in cui il mondo casca davvero, la crisi di un secolo è portata alla luce dall’arte. Una stanza completamente vuota illuminata da un neon blu annichilisce la volontà umana e la forza a vedere tutto di un colore. Non più il grigiore medievale, ma il blu. Una scelta che sembra avere meno senso di un mondo che sta per distruggersi da solo.
Fuori la stanza, l’accoglienza è riservata alla riproduzione di una sedia di tortura che viene proprio dal Medioevo. Allora è inevitabile pensare che siamo solo bambole del tempo e che il Medioevo è un’età di mezzo che si ripete, anche 500 anni dopo la scoperta dell’America. La fine del mondo che per ignoranza si credeva sarebbe avvenuta nell’anno 1000 ha sparato solo nelle due guerre mondiali. L’umanità muore a fasi alterne, ma per fortuna rinasce ogni volta.
All’uscita dal museo non puoi riguardare il castello con gli stessi occhi di prima. Anche la bella Napoli non è più la stessa, perché ogni posto inizia a raccontare storie. Napoli vive e si trasforma, ma soprattutto Napoli è. Napoli grida e vuole essere ascoltata per rinascere. Ma finché tutti ignoreremo l’arte, troppo distratti per accorgerci che ”Io Vado al Museo” è stata ripristinata, quest’età di mezzo sarà più lunga di qualsiasi finale possiamo mai scrivere.
Irene Mascia