Xavier si sentiva inadeguato non all’altezza, lei era bellissima. Si chiamava Elisabetta, alta, capelli biondo-miele raccolti in una unica treccia che arrivava alle spalle. Lei parlava in modo spigliato, Xavier non capiva nulla, la stava a sentire, alle sue orecchie arrivavano solo suoni argentini. Mentre si esprimeva Elisabetta muoveva le mani a sottolineare i passaggi più salienti del suo parlare. Quel muoversi di mani per Xavier che guardava con occhi incantati altro non era che un armonioso balletto fatto da ali di farfalla.
Il fatto che lui non replicasse, non interrompesse l’eloquio di Elisabetta, faceva credere a lei d’aver l’approvazione di Xavier, in verità lui aveva le labbra secche è la gola chiusa dall’emozione. Quando poi la ‘’bionda” andò in cucina a prendere qualcosa da bere, Xavier si sentì venir meno, quasi svenne. Lo salvò l’immediato ritorno della fanciulla, preceduta dal suo profumo inebriante e da un vassoio e due bicchieri con del liquido che Xavier non riconobbe. Bevvero e fu tanta la grazia di lei in quel gesto, che se possibile lui rimase ancor più affascinato. Il risultato fu che il bicchiere si svuotò e Xavier non seppe mai cosa aveva bevuto, né la cosa portò sollievo all’arsura che lo divorava! Era una sensazione mai provata prima, partiva dai piedi e risaliva tutta la sua persona, poi arrivata alla testa riscendeva fino a serrargli la gola, incredibile si disse Xavier e lei continuava a parlargli, anzi ora lo guardava negli occhi, in quei verdi laghi di montagna, lui sprofondò’ sempre più giù, tanto che dovette sorreggersi al bracciolo del divano per non perdersi definitivamente. Xavier lottava perché gli restasse una parvenza di contegno, ma Elisabetta era troppo. Mentre lei gentile lo intratteneva andando da un argomento all’altro, lui…. lui vedeva campi di grano ornati di rossi papaveri, come lei cambiava tono apparivano ai suoi occhi verdi radure piene di fiori di bosco e volar d’uccelli, frinir di fronde e tutto quello che madre natura aveva di più bello ed armonioso. Ogni tanto Xavier si riprendeva e come per miracolo riusciva ad emettere qualche suono intellegibile, giusto quel tanto da nascondere il suo stato comatoso, era completamente incantato. Si, incantato ed impossibilitato ad interrompere quell’incantesimo, ne era completamente soggiogato. Ma mano che il tempo passava Xavier sentiva sempre più aumentare la sensazione della sua inadeguatezza. Ma ciò non bastava a staccarlo, era legato ad Elisabetta da un sottile ed invisibile filo più forte dell’acciaio, avrebbe voluto fuggire, scomparire, ma può fuggire il topolino allo sguardo del cobra? E poi non era sicuro di voler fuggire da quel languore che era dolore e piacere, dannazione e gioia tutto insieme.
Il tempo passava, anche se Xavier non se ne rendeva conto, continuava a rivoltarsi in quella sensazione, sospeso tra inferno e paradiso. Tra la paura che tutto cessasse e la voglia che continuasse per sempre. Xavier voleva scappare ma anche restare, se l’avesse conosciuto avrebbe potuto citare la famosa frase del poeta; “m’è dolce naufragare in questo mare”. Ormai al limite del collasso nervoso, Xavier si limitava a guardare Elisabetta convinto che prima o poi sarebbe stramazzato al suolo, sopraffatto da tanta virtù e grazia. Ma anche questo pensiero non lo turbava per sé, ma per la brutta figura rimediata con Elisabetta; per fortuna fui salvato dall’una e l’altra ipotesi, da un suono insistente, lontano, il campanello d’ingresso della casa dove si trovavano. Elisabetta corse ad aprire ed entrarono due signore brune ed eleganti con le braccia occupate da pacchi e pacchetti. “È stato bravo Xavier”? chiese la prima ed Elisabetta, certo signora rispose lei. Le due signore erano anche, una la madre di Xavier, l’atra la madre di Elisabetta. Per fare le compere in santa pace avevano pensato di lasciare Xavier bimbo di otto anni alle cure di Elisabetta che di anni ne aveva sedici. Dopo aver salutato l’amica e ringraziato la figlia, la madre prese Xavier per mano e si avviarono verso casa. Mentre il bimbo camminava l’immagine di Elisabetta non sbiadiva, le sensazioni provate continuavano a turbarlo. Questo è stato il primo amore di Xavier.
Vi saluto e sono L’autoferroagricolo!