Una produzione ambientata a Napoli che ha portato una vera svolta nella storia della fiction italiana.
Nel 1996 nasce in RAI “Un posto al sole”, la prima soap opera italiana. Fin dalle origini della tv la serialità era considerata come una forma popolare ideata con il predominio dei modelli americani, per cui da evitare assolutamente. Con “Un posto al sole” la RAI e la Grundy International (produttore) gettano le basi per una produzione di massa iniziando una piccola rivoluzione culturale, aprendo la strada alla legittimazione del serial, fino ad allora bandito dalla cultura della fiction italiana. Una serie di fattori, quali l’impoverimento dell’importazione americana, la dislocazione dei film su canali a pagamento, l’esaurimento della riserva di programmi d’intrattenimento, hanno fatto sì che la produzione di fiction diventasse quasi obbligatoria. Inoltre, intorno alla metà del decennio si varava una legge che vincolava i broadcaster a investire una quota annua degli introiti in opere nazionali ed europee. Tutte queste circostanze furono alla base della decisione della tv pubblica di produrre una soap opera italiana. Poiché la formula narrativa e il modo di produzione di questo genere di serial erano totalmente estranei alla cultura televisiva italiana, la RAI si rivolse alla Grundy che aveva esperienza sul campo. Fu messa in pratica una strategia comunicativa che rivendicava l’italianità della soap. Un posto al sole segna una svolta decisiva nella storia del dramma televisivo influenzando la successiva evoluzione della fiction italiana. Ha gettato le basi di una vera industria televisiva potenziando le capacità produttive e creando una scuola di talenti. Con “Un posto al sole” si ha una svolta importante dal punto di vista culturale e produttivo. Accade un processo di adattamento al modo di produrre straniero ma con l’immissione della cultura italiana sulla narrazione e nei contenuti. La soap, ambientata a Napoli, è trasmessa tutte le sere, dal lunedì al venerdì, alle 20.35, e raccoglie circa 2 milioni e mezzo di telespettatori. Un risultato straordinario in tempi di crisi della tv generalista. Un successo che da quasi vent’anni accompagna le cene di milioni d’italiani che hanno maturato nel corso del tempo affettività nei confronti dei personaggi. Un esperimento ben riuscito, avallato dalla longevità di questo prodotto televisivo che rimanda alla vita del “luogo italiano” con riferimenti a tematiche attuali e sociali in cui lo spettatore vede rappresentata la propria quotidianità.
Annalisa Servo