Inaugurata nell’ottobre del 1895, già testimone del passaggio dall’allora Regno delle due Sicilie alla neonata Italia unita, la ferrovia Avellino-Rocchetta aveva fatto già intuire che sarebbe stata una linea che avrebbe raccontato la storia dei popoli che attraversava. Considerando innanzitutto il suo tracciato, esso si snoda, nel suo insieme, per ben 119 Km tra le vallate dei fiumi Calore, Sabato ed Ofanto, serpeggiando tra più di quaranta Comuni, partendo da Avellino ed arrivando sino in Puglia e Basilicata. La sua tortuosità che inizialmente fu un vantaggio perché permetteva che venissero serviti molti comuni irpini diversamente destinati all’isolamento, fu anche il suo punto debole, ritorcendosi contro ad effetto boomerang. Infatti, nell’ormai era moderna, una strada ferrata che si fa largo tra i molteplici sali e scendi delle vallate Irpine con tempi di percorrenza caratteristici di un servizio su regionale ferro, può risultare poco allettante per chi vuole spostarsi con rapidità sul territorio, ma ciò dovrebbe portare a riconsiderare i modelli di offerta dei trasporti quale elemento indispensabile per lo sviluppo e la qualità della vita, anche considerando che con la sua chiusura per quanto sostituita da strade ed autostrade veloci non si riuscirà a preservare culture e territori sempre più lontani e distanti. Ebbene, seppur affascinante la pensionata ferrovia può rendere ai posteri della sua lunga storia passando dalle difficoltà per la sua realizzazione alle testimonianze dei nefasti eventi sismici che hanno scosso per sempre le coscienze degli abitanti del posto. Certo, pensare oggi di rimettere in piedi l’infrastruttura, come par aver recepito la nuova governance regionale, può sembrare difficile e forse anche faticoso, se si considera che per ripristinare la linea servirebbero dai 900 milioni di euro ai più altisonanti 1.5 miliardi di euro, per un servizio che oggi è effettuato su gomma e che permette un minor tempo di percorrenza ed una fruibilità più immediata, visto che i bus passano per i centri abitati dei Comuni, mentre la ferrovia transita in molti casi fuori dai centri,. Quindi partendo dalla sua illustre storia, passando poi per i suoi difetti infrastrutturali e di fruibilità, si potrebbe immaginare una soluzione che recuperi una così importante testimonianza dei tempi e della storia dei luoghi, trasformandola in un “servizio di cultura locale”, inizialmente con corse orarie in grado di ricollocarla nel sistema dell’offerta dei servizi di trasporto, in uno con la istituzione di un offerta “turistica” in grado di coniugare la eco sostenibilità di un servizio su ferro, con l’offerta culturale ed enogastronomica dell’Irpinia. Il progetto deve essere chiaro e sostenuto dalla regione perché ripristinare una ferrovia, o parte di essa, è finanche semplice, far sì invece che la stessa diventi un polo di attrazione è molto più difficile, d’altronde questo è il compito che dovrebbe spettare a coloro i quali sono al servizio della collettività. In definitiva, la linea ferroviaria Avellino Rocchetta deve mirare ad avere un nuovo valore di infrastruttura a servizio dello sviluppo della cultura e del turismo dell’Irpinia, che se ben progettata e soprattutto inserita nel sistema produttivo, in modo da renderla fruibile e conveniente ben oltre l’analisi dei costi di gestione, assurga ad una straordinaria funzione di volano per lo sviluppo e il reinsediamento di un territorio. Ritornando ad essere la ferrovia delle acque che attraversa e lambisce, , in più punti i fiumi Sabato, Calore ed Ofanto; ma anche la ferrovia dei grandi vini docg, del Parco Naturalistico Regionale dei Monti Picentini, delle aree a tutela della biodiversità, dei borghi. Un’eccellenza territoriale, in poche parole, che potrebbe restituire luce a un territorio spesso dimenticato.
Tommaso Esposito