A guardare la foto scattata da Legambiente al trasporto ferroviario italiano nel dossier Pendolaria 2015 e leggendo dell’incremento del 2,5% di pendolari regionali si potrebbe facilmente ed ingenuamente gridare al successo, ma a ben vedere il rapporto dice molto altro. Palesa innanzitutto l’ovvio, cioè che dove si è migliorato il servizio, i pendolari sono aumentati, e dove i tagli ed i disagi l’hanno fatta da padrona, i passeggeri sono diminuiti. E dunque, mentre in Lombardia i pendolari nell’ultimo anno sono aumentati del 4,9%, nonostante l’incremento del costo dei biglietti, in Sardegna, ad esempio, si è registrato un calo del 9,4%. In Campania i pendolari sono ritornati a crescere, ma sono comunque 130 mila in meno rispetto al 2009, ma il dato davvero preoccupante è il divario Nord-Sud. Nella sola Lombardia, ad esempio, ci sono più treni regionali che nell’intero Meridione ed in quest’ultimo caso si viaggia anche su convogli più obsoleti e lenti (20,4 anni la media di età contro 16,6). In realtà il problema della vecchiaia attanaglia l’intera flotta nazionale dei treni pendolari che hanno una media di 18,6 anni. Altro dramma è il lento abbandono dell’attenzione al servizio universale. Mentre si assistono a continui investimenti nelle grandi opere e nell’Alta Velocità (+370% di convogli negli ultimi 5 anni), seguitano i tagli agli Intercity e sulle tratte a lunga percorrenza. E così che oggi è più facile viaggiare tra Roma e Milano (2 ore e 55 minuti di percorrenza) che tra Potenza a Matera, i due capoluoghi di provincia della Basilicata, dove per coprire appena 100 chilometri sono necessarie oltre 3 ore di treno alla media di 32,8 Km orari e non è previsto alcun servizio Trenitalia, ma bisognerà affidarsi alle ferrovie Appulo Lucane. Dal 2010 i tagli del Governo all’offerta degli Intercity sono stati del 19,7%, mentre sono stati del 6,5% quelli effettuati al servizio ferroviario regionale, con punte del 26,4% in Calabria ed un 15,1% registrato in Campania, decretando, nel complesso, la chiusura di 1189 chilometri di linee ferroviarie. Ad aggravare la situazione il parallelo record di aumento del costo dei biglietti che solo in Piemonte è stato del 47%. La drammatica situazione della mobilità in Italia è frutto innanzitutto di un deficit culturale. Il trasporto su gomma continua ad assorbire il 92% del traffico passeggeri ed oltre i due terzi di quello merci, generando una tendenza che pone l’Italia tra i primi paesi europei per numero di veicoli per abitante, con un parco auto totale di 37 milioni che contribuisce per oltre il 30% alle emissioni di CO2 prodotte nel Paese. Finora le politiche mirate a promuovere una mobilità alternativa e sostenibile sono risultate, se non assenti, di certo sterili. Secondo Pendolaria servirebbero circa 1600 treni ed investimenti per oltre 5 miliardi per rilanciare il trasporto ferroviario regionale. In parti-colare al Sud, dove l’assenza di interventi strutturali e proficui ha reso la mobilità ancor più arretrata e praticamente impossibile lo sviluppo industriale del territorio. Eppure il recente piano del Governo per i trasporti sembra trascurare nuovamente questa emergenza. Dei quasi 9 miliardi di euro destinati a nuovi investimenti, solo 400 milioni saranno riservati ai pendolari del Mezzogiorno, ignorando completamente gli scali delle città metropolitane del Sud, per favorire, invece, Roma (172 milioni), Firenze (70 milioni), Milano (45 milioni), Torino (30 milioni) e Bologna (30 milioni). Ancora una volta, dunque, il Sud resterà a guardare, continuando ad essere affamato, non solo di investimenti economici, ma anche culturali. Si pensi agli interventi alla voce “cultura e servizi ricreativi”, a causa dei quali è emerso che nel 2013 per ogni cittadino del Nord è stato speso il 35% in più rispetto ad uno del meridione, o al recente abuso sulle quote del Fondo di coesione europeo, destinato in origine per l’80% al Sud, che sarà dirottato, invece, per il 96% al Nord per sviluppare il Piano Banda Ultra Larga. Per fortuna nell’immediato futuro Trenitalia prevede investimenti mirati all’acquisto di oltre 250 nuovi treni e, dopo il 2020, dovrebbero arrivare anche i 500 convogli previsti dal contratto d’appalto del 2015. Inoltre, il rinnovo dei contratti di servizio regionali dovrà ridisegnare il futuro del trasporto ferroviario italiano con nuovi investimenti in tecnologie e linee. Insomma, si presenteranno a breve nuove occasioni affinché si possa scongiurare l’arretramento strutturale del Meridione e si possano sfruttare completamente le potenzialità del Mezzogiorno come volano per l’intera nazione. La ragione, l’esperienza e la coscienza impongono il rilancio del Sud, anche perché questo potrebbe essere l’ultimo treno per garantire una mobilità evoluta a tutto il Paese.
Umberto Esposito