Essere donna. Un gran bel mestiere. Una gran bella sfida. Doppi impegni, fuori e dentro casa, tanti sacrifici e a volte qualche rinuncia. Ce la fai? Tanto sei donna. Sai badare alla casa, sai cucinare, stirare, cuocere il pollo in padella mentre rispondi alla chat della scuola, stirare e ripiegare vestiti mentre si invia l’ultima mail della giornata. Un software perfetto, un essere multitasking, una donna in carriera e una madre con grande amore per i figli, tutto insieme, perché una donna sa essere tutto, contemporaneamente. Affidabile, instancabile, imbattibile. Una wonder woman. Pensa a tutto lei. Corre per sé e per gli altri, una specie di centometrista con la resistenza di un maratoneta, in grado di tener testa ai colleghi in ufficio e di risolvere un problema di matematica per un figlio. E anche quando le forze sembrano venire meno è sempre lì, a mettere a posto l’ultimo bicchiere nella credenza e ad allungare la sua giornata come se fosse un elastico. Eppure si chiede ad una donna di essere più performante di un uomo per poter raggiungere lo stesso risultato e ancora le donne faticano di più per arrivare a scalare i vertici delle nostre aziende. Una bilancia sbilanciata che rischia di rompersi e frantumarsi in mille pezzi. Sempre più spesso la società mette le donne di fronte ad un bivio, famiglia o carriera. Nonostante la maggioranza delle donne riconosca un processo di miglioramento nella società, il peso della disparità di trattamento è ancora significativamente presente. Gli stereotipi sono duri a morire. Non siamo ancora abituati a pensare che per fare carriera sia necessaria una solida e specifica preparazione, che si sia uomo o donna, ma chissà perché i titoli conseguiti dalle donne non hanno apportato un valore così alto alle proprie carriere. Soft skill, etica per il lavoro, preparazione, determinazione e impegno a volte non bastano se non sei uomo. La verità è che per essere donne ci vuole coraggio. Ci vuole impegno. Ci vuole forza. E se ancora oggi siamo costretti a parlare di affermative action, di quelle misure che prevedono agevolazioni per compensare l’impatto di effettive discriminazioni, vuol dire che siamo ancora combinati male. Se ancora parliamo di quote di genere significa che il glass ceiling, l’idea di una barriera invisibile sulla testa delle donne che ambiscono alle cariche più alte, ci costringe a vivere in una cultura lavorativa fatta di tanti pregiudizi e stereotipi latenti.
Ma è anche vero che imporre un’azione positiva vuol dire ammettere che, in alcuni casi, non sarà la persona più preparata o quella più adatta ad accedere ad una carica, ma semplicemente quella storicamente più discriminata. Fatto sta che siamo lontani dal vivere in una società in cui esiste presenza paritaria della donna, attese le sue capacità e i suoi meriti. Il salto culturale da intraprendere è probabilmente ancora difficile da effettuare, tocca modi di pensare e comportamenti fin troppo radicati che alimentano e sono alimentati da gravi pregiudizi e stereotipi. Le lavoratrici sono talmente abituate a subire atti discriminatori e ad essere sottorappresentate nei vertici aziendali che quando si verifica lo accettano con rassegnazione. E spesso su quelle poltrone, in quei posti di potere ci sono persone incompetenti, che sono state messe lì non secondo un sistema meritocratico ma per “conoscenza”. Più si sale ai piani alti della scala di potere, meno donne si trovano. Questa tendenza alla rarefazione della presenza femminile nei posti di comando dovrebbe essere invertita, laddove il merito ci sia. La leadership femminile è ancora lontana dall’essere bilanciata e questo lo dice uno studio sulla rappresentanza di genere nei consigli di amministrazione e nei vertici aziendali delle più grandi realtà europee e sicuramente l’impatto degli obblighi normativi non agevola la situazione.
Cambiare la cultura aziendale non è semplice ma dovremmo incominciare a comprendere le vere capacità delle lavoratrici donne e ad avere l’attitudine a sfruttarne le potenzialità affidando loro compiti commensurati alle loro capacità così da poter apportare benefici alla performance aziendale. Sfruttare appieno il potenziale di queste lavoratrici è cruciale per la crescita del Paese e per farlo è necessario che più donne accedano alla cabina di regia delle imprese. Servono politiche di welfare e una cultura aziendale moderna, basata sulla flessibilità, serve che gli imprenditori si rendano conto che se continuano a considerare l’essere donna come un limite alla carriera si rischia di perdere competitività e di allontanare i veri talenti. E se il modo per farcela, per far capire che è la Persona brava e capace che deve andare avanti, è quello di soffrire di più, siamo disposte a continuare a soffrire purché poi alla fine vinca il migliore..