Il contesto non è dei migliori anzi la pandemia da Covid 19 prima e il conflitto in Ucraina poi hanno generato un peggioramento delle condizioni generali che impongono una seria riflessione. L’inflazione, a dicembre scorso, ha toccato la percentuale dell’11,6%, il dato più alto dal 1985, evidentemente causato dall’andamento dei prezzi energetici che di conseguenza ha comportato l’aumento generale dei prezzi dei beni e dei servizi. Gli effetti sulla perdita del potere di acquisto, per i lavoratori dipendenti, sono stati notevoli segnando il peggiore arretramento da 80 anni a questa parte, così come per i pensionati, ridimensionato negli ultimi 15 anni di circa il 30%.
Ancora, i salari in Italia sono fra gli ultimi in Europa e diminuiti negli ultimi trent’anni, una differenza importante con i paesi dell’euro zona che si diversifica anche nello stesso nostro continente, tra nord e sud. Altro dato da segnare è quello relativo alla disoccupazione che, paradossalmente, nel 2022 è scesa al 7,8% con quella giovanile al 23,9%. Questo ovviamente è un dato generale che, analizzato in maniera asettica, farebbe guardare con ottimismo alla tematica di specie al prossimo futuro, una valutazione che sarebbe completamente diversa nel caso di scomposizione di dettaglio che ci farebbe invece notare la precarietà di sistema ancora in essere con prevalenza di rapporti di lavoro attivati a tempo determinato. La legge di Bilancio varata dal nuovo Governo ha previsto per il 2023 una serie di interventi ma le novità che si contano non rappresenterebbero le riposte adeguate che il Paese attendeva.
Le citate premesse, delineate solamente in parte, ci consegnano un quadro di riferimento complesso e obbligano le Parti Sociali ad una maggiore consapevolezza del proprio ruolo. Il Sindacato, la cui nascita ha radici storiche radicate nel nostro Paese, ha l’obbligo, allora come oggi, di assicurare un contributo all’evoluzione economica e sociale della nazione. Il rafforzamento di un sistema concertativo, non inteso semplicemente come una mera consultazione preventiva ma basato su contrattazione vera, è ancora più essenziale per ricercare e condividere le giuste soluzioni da garantire al presente ed al futuro del Paese e alla sua popolazione. La storia recente dimostra quanto l’affidabilità della classe politica sia ai minimi termini e come invece il Sindacato rappresenti la vera sentinella della democrazia oltre ad essere l’unico soggetto certo a difesa dei diritti delle persone e dei Lavoratori. E’ da questo che bisogna partire, senza arretrare di un millimetro, dai temi legati alle diseguaglianze sociali aumentate, dai salari bassi, dalla sicurezza sul lavoro, dai giovani e dai pensionati a cui non si riesce a dare risposte adeguate, temi che vanno affrontati senza indugio e con uno spirito nuovo. Ed è qui che si apre il capitolo delle relazioni tra Sindacati, dell’unità di intenti che da sempre ha caratterizzato le tre grandi confederazioni: Cgil, Cisl, Uil. Un’unità, a dire il vero, contraddistinta nel tempo da fasi altalenanti; infatti molte volte le diversità di vedute, scaturite anche da visioni di sistema differenti, hanno determinato l’assunzione, da parte delle tre organizzazioni, di posizioni e azioni disunite che vanno inevitabilmente ripensate. Il momento, come detto, è straordinariamente articolato, vanno rimesse assieme le forze, quantomeno un tentativo va fatto, mettendo da parte preconcetti e ideologie vetuste, sganciandosi da inutili legacci politici e partitici.
Condizione che vale sul piano generale e nazionale ma che assume ancora più valore nei territori e in questo caso in regione Campania, un territorio, si sa, dove per raggiungere gli obiettivi si fa sempre più fatica che negli altri. Più segnatamente, per raccontare “le cose di casa nostra”, gli ultimi anni, nel settore del trasporto e in particolare nel trasporto pubblico locale, hanno rappresentato senza dubbio il periodo più buio dei rapporti unitari tra la Uiltrasporti, la Filt Cgil e la Fit Cisl. Anche qui, naturalmente, tutto nasce da impostazioni di base differente, da storia diversa, da cultura sindacale forse troppo distante, da interessi per la collettività che si scontrano con quelli individuali e da rapporti unitari, quindi, per lo più discontinui. Se a tutto questo ci si aggiunge la “guerra della delega”, un argomento che pure richiederebbe una seria meditazione da parte di tutti, allora il dado è tratto! Eppure quando si è potuto e dovuto moltissimi risultati sono stati conseguiti, le tantissime crisi aziendali governate, i numerosi accordi regionali e aziendali sottoscritti ne costituiscono la prova evidente. Per cui, anche qui, vale la pena provarci? Il 2023 si prospetta con nuove tematiche da affrontare di non poco conto, le aziende si portano sul groppone gli aumenti energetici e bilanci non in linea con i percorsi virtuosi avviati qualche anno fa; le organizzazioni del lavoro subiranno trasformazioni anche rispetto ai mutati contesti produttivi; le gare del trasporto pubblico locale disegnano un orizzonte temporale destrutturato neanche troppo distante visto i processi riattivati; l’ammodernamento delle infrastrutture con i fondi del PNRR delineeranno contesti con ammodernamenti tecnologici che inevitabilmente incideranno sulle attività in essere. Uno tsunami per il settore che andrebbe affrontato in maniera compatta, unita e unitaria, diversamente diverrà complicato il governo dei processi.
A dire il vero, in questo caso, l’imperativo sarebbe d’obbligo ovvero, l’unità sindacale va attuata, punto. Tuttavia, attese le condizioni di contesto, una declinazione prudenziale è più utile e dunque, un tentativo dovrebbe essere praticato partendo, ad esempio, dai temi di comune condivisione e di interesse generale. Un tentativo, con la triste consapevolezza che, purtroppo, chi continua ad anteporre gli interessi personali a quelli collettivi, difficilmente potrà cambiare, ma con l’auspicio che ciò possa accadere.