Quello accaduto nella miniera di carbone Bois du Cazier di Marcinelle, in Belgio è stato uno dei disastri più drammatici della storia per numero di vittime coinvolte. Dei 275 minatori presenti a lavoro alle 8 e 10 di quel lontano 8 agosto del 1956, ne sono caduti 262 di cui 136 immigrati italiani. Molte furono le ipotesi fatte per spiegare l’accaduto e solo dopo tempo con le opportune indagini si capì che si trattò di un errore umano la cui conseguenza fu l’innescarsi di un incendio causato dalla combustione d’olio ad alta pressione avviato da una scintilla elettrica; esso sviluppandosi nel condotto d’entrata d’aria principale, riempì di fumo tutto l’impianto sotterraneo generando la morte per soffocamento di centinaia di vite umane.
Una sciagura la cui dolorosa e devastante atrocità resta indelebile nel ricordo e nei racconti di chi l’ha vissuta in qualità di congiunto dei poveri operai, aggrappato per giorni, ben 22 prima di accertare il triste epilogo, alle sbarre di un cancello ma principalmente alla flebile speranza di veder riaffiorare vivo tra le macerie un padre, un figlio, un marito. Assordante il silenzio di quel luogo che, nato per dare dignità e benessere alle risorse in esso impiegate, ne è diventato tomba immateriale di commemorazione del tragico incidente.
E’ stato toccante e per certi versi struggente ascoltare la testimonianza di chi quella catastrofe umana l’ha vissuta sulla propria pelle pagando a caro prezzo la speranza di trovare da immigrato in un paese straniero, un agognato riscatto di vita. Dietro di sé infatti, i 136 minatori italiani portavano accordi tra stati, Belgio e Italia, che nel dopoguerra in cambio di fornitura di carbone a prezzi inferiori barattavano concittadini, 140mila quelli trasferitisi in Vallonia, per incrementare manodopera nelle fiorenti realtà produttive dell’epoca. Promesse non mantenute, condizioni di vita non consone alle aspettative, difficoltà di integrazione, queste e molte altre le criticità riscontrate dalle persone che hanno riempito quelle pagine del nostro passato. E allora diventa fondamentale ed imprescindibile conoscere ciò che ci ha preceduti, avere reale contezza del “dove siamo partiti e dove effettivamente siamo poi arrivati”, perché quello che siamo lo dobbiamo a chi prima di noi ci ha creduto, ha affrontato e superato attraversandolo l’ostacolo, facendosi carico di essere un domani modello a cui parametrarsi.
“Corsi e ricorsi storici” verrebbe da esclamare, di quel ciclico ripetersi degli eventi che dovrebbe portare con sé la propositiva speranza del “miglioramento evolutivo”. Sì, perché da allora ad oggi di progresso in senso stretto ce n’è stato davvero tanto, ma nella sostanza esso non ha sfruttato a pieno l’enorme bagaglio esperienziale derivante dal passato. Ed ecco che ci si ritrova ancora, dopo secoli, a lottare per la salvaguardia nonché garanzia, dei più elementari diritti umani: la pace, il lavoro, la dignità, la sicurezza, il benessere che dovrebbero fisiologicamente tendere al miglioramento e che invece rappresentano chimere sfidanti a cui ambire. Lo sforzo deve essere tuttavia unilaterale e sinergico sia da parte dell’intera comunità civile, soprattutto quella che gode di maggiore affermazione sociale, sia da parte di chi, come i Sindacati, al di là di ogni sigla o confederazione di appartenenza, è chiamato per vocazione ad essere garanzia di interessi collettivi superiori.
Imparare dal passato per migliorare nel presente e costruire il futuro, un passato che non è da considerare lontano ed oramai superato, poiché noi stessi domani faremo parte di pezzi di storia che avranno posto basi per ciò che si sarà raggiunto e pertanto in ognuno di noi c’è bisogno di tenere sedimentato il gran senso di responsabilità che abbiamo, nell’essere esempio costruttivo per le moderne generazioni a cui quotidianamente affidiamo le chiavi per costruire il loro “domani”. Perché se è vero che l’unione fa la forza è ancora più vero che “lavorare insieme significa vincere insieme” ed è questo l’obiettivo che credo bisognerà darsi un po’ tutti per raggiungere nuovi traguardi.