“Mi sfiora le labbra con un bacio, poi il viso con una carezza. Mi sembra di sognare ma non è un sogno. D’un tratto è tutto buio. È l’inizio dell’incubo. Un brivido pervade il mio corpo. Respiro a fatica perché le sue mani sono strette attorno al mio collo. Il pugno che mi ha dato mi impedisce di scorgere nettamente i contorni delle cose e i colori si sono ridotti al solo nero. Le rose che mi ha regalato, implorando l’ennesimo perdono, sono ormai appassite e con esse anche la mia forza. Il mio cuore batte forte: è la paura che ne regola il ritmo. Sono sola. L’unica compagnia, il vuoto che abita nell’anima. Ho sempre creduto che la mia storia con Mauro fosse la più bella delle favole ed invece sono protagonista di una delle tante pagine di cronaca nera. Non sono nel castello. Non verrà il principe azzurro a darmi nuova vita con un bacio. Sono in una cassa da morto. È qui che sono finiti i miei sogni. Da quando l’uomo che amo ha assunto le sembianze del nemico, ho scavato dentro me stessa per cercare di capire quale fosse la mia colpa e l’ho perdonato, illudendomi che quello schiaffo sarebbe stato l’ultimo, anche quell’offesa dettata dalla rabbia, quel pugno frutto di una debolezza che poi lo ha ridotto a spietato assassino. Non l’ho mai denunciato, credendo nella forza dell’amore. Silvia, la mia vicina ha avuto la forza di denunciare il compagno violento ben 16 volte e nonostante i divieti di avvicinamento, lui è riuscito a spararle dritto al cuore, lo stesso che un tempo batteva solo per lei”.
Sono tante le storie che leggiamo, che ascoltiamo, la storia di Anna, vittima di femminicidio, la storia di Manuela, ma questa è la storia anche di Lea, Simonetta, Nadia..
Cambiano le protagoniste ma l’epilogo è sempre lo stesso. Un triste, tragico epilogo che da anni riempie le pagine dei rotocalchi in maniera sempre più angosciante, e ogni qualvolta ne veniamo a conoscenza sembra di ricevere un pugno allo stomaco. Talvolta le donne, vittime di questa aberrante violenza, non denunciano subito sperando nella redenzione dell’uomo-marito, a volte padre, ma comunque mostro degli incubi che agita il loro sonno o meglio i loro tormenti ad occhi aperti. E queste sono storie che non vogliamo più ascoltare. Queste sono racconti di verità angoscianti che non dovrebbero mai e poi mai accadere. E anche quando accade che le donne denunciano, il supporto delle istituzioni non è forte come dovrebbe essere. Lo Stato ha il dovere di varare misure consone per far fronte a questo tragico fenomeno che dilaga a macchia d’olio. La sola denuncia purtroppo non è garanzia di protezione, anzi si configura come strumento che acuisce la rabbia del Violento che si vendica sulla donna che cerca di sfuggire al suo controllo. Si è tanto parlato del Reddito di libertà che è una misura specifica di sostegno alle donne vittime di violenza, in condizione di povertà materiale, affinché attraverso l’indipendenza economica acquisiscano la loro autonomia ed emancipazione, una misura indispensabile ad avviare percorsi di autonomia e di emancipazione. Ma bisogna fare di più: non sanare ma educare, partendo dalle radici. Mi chiamo Rachele, sono responsabile del Coordinamento Pari Opportunità e Politiche di Genere della UILTrasporti Campania che ha il compito di promuovere l’inserimento della cultura di genere in tutti gli ambiti di lavoro attraverso la promozione di politiche e azioni positive che garantiscano pari opportunità per tutti.
Credo che sia compito soprattutto della società, nelle figure della famiglia e della scuola, quello di educare gli esseri umani, sin da bambini, al rispetto delle persone, insegnando soprattutto che non si ottiene amore attraverso forme di prevaricazione e che l’autonomia e l’indipendenza non si acquisiscono per gentile concessione degli altri. È un nostro diritto e in quanto tale va difeso. Oriana Fallaci scrive che “essere donna è un’avventura che richiede coraggio” e spiega che “il peccato non nacque il giorno in cui Eva colse una mela: quel giorno nacque una splendida virtù chiamata disubbidienza“. Ecco, il DIRITTO alla disubbidienza va difeso soprattutto quando un uomo con la sua violenza cerca di sopprimere l’anima della donna, cancellando i colori delle emozioni ed imponendo la puzza della paura. Battiamoci per i diritti delle donne. Tutti insieme. Non serve voltarsi dall’altra parte. Potrebbe essere la storia di nostra sorella, di nostra figlia, di nostra nipote. Potrebbe toccarci da vicino ma, anche se da lontano, abbiamo il dovere di dire basta alla violenza. Basta con questi assurdi e intollerabili femminicidi. Basta con queste vittime. Bisogna combattere per evitare la violazione dei diritti umani e finché avremo voce, noi della UILTrasporti Campania, ci metteremo tutta la nostra forza per far capire che i diritti delle donne sono i doveri di tutti gli uomini.
Rachele Pagano