Generalmente prima di intraprendere un viaggio per raggiungere qualsiasi meta si è soliti confrontarsi con chi c’è già stato, per i nostalgici dell’old style, o documentarsi online per seguire il modern mood delle nuove generazioni. In entrambi i casi si cerca di acquisire quante più informazioni possibili affinché la propria esperienza possa poi avvalorare o smentire quanto appreso dalle succitate indagini conoscitive. Per indole e per esperienza cerco sempre le vie mediane!
Per non essere ridondante nei contenuti ampiamente esposti e narrati, da chi come me fa della scrittura una missione divulgativa di comunicazione a 360° affinché i lettori possano con estrema sintesi e semplicità ricevere informazioni utili, quello su Procida sarà un contributo nettamente dettato dalla mia percezione esperienziale fatta di emozioni e sensazioni a pelle.
Prima volta che approdavo in questa miniatura marinara è saltato all’occhio un aspetto assai trascurato dai riflettori dell’opinione pubblica maggiormente incentrati sui contenuti di un simile evento “Procida capitale della Cultura 2022”, lasciando invece un po’ a margine la sostanza ossia le “persone” e nello specifico i suoi “abitanti”. Sin da subito, infatti ho apprezzato la spontanea cordialità degli isolani: dal personale sui traghetti agli addetti al ricevimento nelle strutture ricettive, i commercianti ed i ristoratori, i giovani impiegati negli stabilimenti balneari e per finire gli autisti del servizio di trasporto pubblico locale dell’EAV. Un encomio particolare alla loro pazienza e al laborioso spirito di inclusione dei turisti, tutti, anche quelli più esigenti. Sempre disponibili e di grande supporto nell’elargire consigli su percorsi e suggerimenti utili affinché la permanenza sull’isola possa essere quanto più serena possibile.
Ed è così che il connubio tra ospitalità e componente paesaggistica fa di questo piccolo paradiso un luogo magico in cui riscoprire la bellezza delle piccole cose quelle genuine ma soprattutto semplici. Dentro restano gli estasianti colori del tramonto alla spiaggia di Pozzo Vecchio, nota come spiaggia del Postino dal celebre film di Troisi, di quel sole che passa dall’arancione al rosso fuoco attraverso molteplici sfumature cromatiche fino a tuffarsi in mare che sembra accoglierlo e rendergli il meritato riposo per aver irradiato le sue meraviglie naturalistiche durante il giorno.
E poi i tufacei faraglioni di Ciraccio che fanno da confine con la spiaggia della Chiaiolella la cui suggestiva bellezza si esplica nella particolare alternanza tra aree rocciose e zone verdi colme di fiori multicolori. E se di giorno ti catturano le tonalità blu mare la sera si resta affascinati dal sorprendente luccichio delle casette illuminate alla Corricella. Dal Belvedere Elsa Morante si scorge un presepe di casine variopinte incastrare le une alle altre così sapientemente che sembrano pezzetti di un perfetto puzzle architettonico.
Non di minore impatto il panorama mozzafiato che si palesa arrivando, attraverso le medioevali costruzioni, a Terra Murata che rappresenta il centro culturale nonché storico dell’isola. A picco sul mare offre agli spettatori una visuale del golfo di Napoli così particolare che sembra di toccare le isole limitrofe semplicemente allungando il palmo della mano.
Calza a pennello lo slogan “La cultura non isola” utilizzato per raggiungere il podio, che la vedrà impegnata come capitale nel 2022 di quella intrinseca peculiarità autoctona, di rendere attrattiva ed inclusiva una realtà che sembra sempre un po’ lontana, per localizzazione geografica, alle egocentriche e frenetiche culture metropolitane. Ed è il forte senso di riscatto della propria dignità che si respira in quelle strette viuzze e negli sguardi degli abitanti più anziani in quell’armonico binomio di affermarsi come dimensione “alternativa” rispetto alla vita in città, ma anche territorio in costante propensione emulativa di quei modelli maggiormente emancipati che se opportunamente sfruttati ne amplificheranno la preziosità ed prestigio in termini di valida attrattiva turistica.
Quella isolana è una cultura camaleontica la cui peculiarità va osservata e scrutata mantenendo un certo garbo, che possa essere quanto meno invadente possibile per fare in modo di celarne le spontanee bellezze dai suoi stessi abitanti, che ne preservano gelosamente un’autenticità che resta cristallizzata come fosse un gioiello composto da infinitesime sfaccettature. La ammiri nei piccoli borghi, la senti nel profumo della salsedine del mare e nel fragoroso infrangersi delle onde sugli scogli, la celi scrutando nelle finestre delle casine colorate ed appare così incontaminata che, tu stesso, vi entri in punta di piedi per non turbarne la serenità. Ciò che pertanto consiglio a chi andrà a visitarla, è di apprezzarne la semplicità ma contribuirne in qualche modo alla timida emancipazione poiché d’altronde “tutti noi siamo come isole nel mare, separate in superficie ma collegate nel profondo”.