“Se vuoi la pace prepara la guerra“. E’ questa una locuzione latina dello scrittore romano Vegezio che indica un’espressione molto chiara e decisa. Quasi sottolinea quella che diventa più una necessità che una condizione.
Ci troviamo ormai dopo un anno dall’inizio della maledetta pandemia che ancora oggi fa contare numerose vittime di una guerra silente, decessi causati dall’abominevole Covid 19 ma molti altri dovuti ad effetti collaterali ben più grandi, che esulano dal contesto prettamente medico, ma che comunque inesorabilmente fanno crescere i numeri. Se poi volgiamo lo sguardo al contesto economico la situazione non appare più confortante. A causa di questo apri/chiudi costante, soprattutto del chiudi, molte attività sono state messe in ginocchio: crollato d’un tratto il giro economico che ha sempre rappresentato il guadagno quotidiano di tutte le popolazioni. Inizialmente, per motivi ovvi di sicurezza e prevenzione, sono state chiuse tutte le attività commerciali non considerate di prima necessità, aperte invece solo quelle attività fondamentali, come la distribuzione di farmaci e di alimenti. Fin qui nulla di anomalo. Poi, con l’avvento dei protocolli e delle profilassi mediche, costate migliaia di decessi (cosa cinicamente necessaria per capire scientificamente come combattere una pandemia scoppiata all’improvviso), sembrava ci fosse la ripartenza di un’economia ormai segnata in pochi mesi dai lunghi lockdown: si susseguono così una infinità di decreti ministeriali, ulteriori lockdown improvvisati, chiusure forzate e sconquassi di vario genere che hanno reso impossibile la ripresa economica di tutte quelle piccole e medie imprese e di quelle attività commerciali che vivevano grazie al guadagno giornaliero fatto anche di scambio pro manibus, che avveniva anche con il semplice incontro tra cliente e venditore, incontri che il virus ha vietato, cancellando tutti i possibili contatti umani.
E lo Stato ha cercato di fare la sua parte ma diciamolo, non sempre è riuscito a garantire quei supporti economici adeguati e lo dimostrano i fallimenti delle aziende, le chiusure delle società, la cassa integrazione, i contratti di solidarietà, i numerosi posti di lavoro persi, la disperazione della gente. Poi sono arrivati i numerosi bonus, il primo dello scorso anno è stato il bonus vacanza, perché si sa, la balneazione per il nostro governo è la vera essenza dell’economia italiana, nessun cittadino può immaginare di non andare in vacanza, la filiera del turismo andava protetta e così è accaduto. Ma al termine della scorsa estate, a causa dei numeri elevati dei contagi, il governo ha poi criticato il suo stesso supporto dato ai cittadini. Poi è arrivato il momento del bonus bicicletta perché l’attività ciclistica era diventata il motore “aerobico” del nostro Paese. Gli italiani..un popolo di gran sportivi. Agevolazioni per acquistare biciclette, monopattini e bici elettriche per “riavviare l’economia”. Poi è arrivato il momento del bonus ecosostenibile per gli impianti idraulici/elettrici di casa “all’ultimo grido”, adeguato agli standard chiesti dalla “madre Europa”. E tanti altri ancora, perché l’ideale in questo momento è spendere, e non mettere da parte. Ma la verità la dobbiamo dire, non c’è stato nessun supporto veramente adeguato da mettere a disposizione di un popolo la cui economia è stata letteralmente spazzata via. Le imprese e le attività commerciali che avevano più bisogno di aiuti finanziari sono state lasciate agonizzanti, condannate ad una lenta e dolorosa fine, all’inesorabile fallimento. Molte di queste società hanno chiuso battenti, i dipendenti messi in cassa integrazione ma ancora oggi non ricevono soldi e non sanno più di cosa vivere, come portare del pane a tavola.
Purtroppo, a pagarne il prezzo principale, sono stati tutti i dipendenti di queste attività/imprese che si sono trovati catapultati, improvvisamente, su un carrello collegato a dei binari di montagne russe dove la destinazione finale era in un tunnel buio fatto di cassa integrazione, mobilità e addirittura licenziamento. Una montagna russa senza sedute comode e blocchi di sicurezza, senza la garanzia di sopravvivenza. Insomma, da parte dello Stato, l’unico vero aiuto che è arrivato è stato il costante “teniamo duro”, “andrà tutto bene”. Purtroppo il tenere duro per molte famiglie ha significato dover rinunciare ai sacrifici fatti una vita intera. Niente più guadagno, niente più economia, niente più pane a tavola. E le pacche sulle spalle, le parole di conforto purtroppo non permettono di saziare fame o sete.
La storia insegna che il popolo che ha fame insorge per poter sopperire alle sue necessità: stiamo assistendo, negli ultimi giorni, a manifestazioni in piazza che sono iniziate come piccoli focolai nelle varie città del Paese ma che stanno diventando sempre più grandi. Tutti sono stanchi. Occorre ora chiedersi cosa il governo abbia in programma nel breve periodo, siamo in attesa di risposte adeguate su come ricostruire il nostro futuro ripartendo sicuramente dal bene più prezioso, il lavoro. E bisogna farlo subito, in sicurezza.
D’altra parte, se già tempo addietro lo scrittore Vegezio diceva che per assicurare la pace era necessario ricorrere alla guerra, è necessario che arrivino nell’immediato solide garanzie per evitare che il popolo reclami ciò che gli spetta di diritto.
Antonio Savio Ranieri e Luigi Dato