La nostra penisola, con la sua conformazione geografica e con più di 8.000 km di costa, vanta il privilegio di avere ben 17 città porto; tutte splendide città che affacciano sul mare e la maggior parte di queste sono città storiche, città in cui le realtà portuali sono più o meno integrate al contesto cittadino. La Campania, in particolare, a differenza di altre regioni italiane, con i suoi porti di Napoli, Salerno e Castellammare di Stabia, ha la fortuna di aver creato un unico sistema portuale regionale ed il futuro per questi porti è proprio quello di puntare su un progressivo processo di integrazione porto-città, condividendo percorsi e tappe, guidati da una regia comune forte.
Questi i temi principali del webinar “Città porto della Campania da sommatoria a sistema”, organizzato dall’Associazione RETE (Association for the Collaboration between Ports and Cities) il 15 aprile scorso e a cui sono intervenuti: Umberto Masucci, presidente dell’International Propeller Club Port of Naples; Alessandro Castagnaro, presidente dell’Associazione Nazionale Ingegneri e Architetti Italiani e Professore dell’Università Federico II; Andrea Annunziata, Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale; Bruno Discepoli, Assessore al Governo del territorio e Urbanistica della Regione Campania.
Un costruttivo confronto tra cluster marittimo, governance di sistema portuale e governo del territorio regionale, in cui sono stati affrontati importanti temi, tra i quali: il ruolo delle città porto della Campania nello scenario nazionale ed internazionale; il documento di pianificazione strategica e i piani regolatori portuali; la rigenerazione urbana, la valorizzazione del patrimonio immobiliare dei porti campani grazie al recovery plan e l’importanza delle ZES. Dalle riflessioni dei partecipanti è emerso che a Salerno, negli ultimi anni, il processo di rigenerazione urbana e di integrazione della città con il porto è stato realizzato e portato avanti con successo, non solo grazie alle piccole dimensioni dello scalo ma, soprattutto, grazie al decisionismo dell’allora amministrazione comunale.
A Napoli il processo di integrazione ha avuto inizio già nel 1996, 25 anni fa, quando si decise di “aprire il porto alla Città” fino ad allora racchiusa dalle alte cancellate del regime, che segnavano una forte cesura con il porto. Tanti gli operatori portuali che, inizialmente, hanno visto questa apertura come un affronto, vivendola come una vera e propria intrusione. Fortunatamente, negli anni, il processo di progressiva integrazione è andato avanti, soprattutto grazie a tante associazioni che si sono fatte promotrici di alcuni importanti progetti come quelli per la riqualifica del Molo San Vincenzo e dell’ex edificio dei Magazzini Generali per la realizzazione di un Museo del mare. Purtroppo, nel capoluogo campano, l’assenza di dialogo tra le istituzioni ha determinato un netto immobilismo e tutti questi progetti, seppur validi ed originali, presentati proprio dalle associazioni, dalle Università e dal CNR, sono rimasti fermi. Così come ferma, fino ad oggi, è rimasta l’espansione verso Est del porto di Napoli: un’area questa che può vantare edifici storici di notevole prestigio e valore, come il Mercato Ittico alla Marinella, prima opera razionalista di Luigi Cosenza, e la casa del portuale di Aldo Loris Rossi.
Senza dimenticare che lungo la costa, fino ad arrivare a Castellammare di Stabia, sono presenti tutta una serie di piccoli porti, di valenza anche storica, che andrebbero recuperati e che potrebbero rappresentare una grandissima attrazione turistica. Un primo e grande segnale di ripresa è stato dato dalla presenza in quest’area orientale della città della Federico II con la facoltà di Ingegneria e la Apple Academy e del San Carlo a Vigliena. Ma tutto questo non è abbastanza, perché Napoli Est vuole il mare e grida a gran voce, anche attraverso assemblee cittadine, la delocalizzazione degli impianti petroliferi.
Ed il percorso iniziato dalla nuova governance dell’AdSP campana sembra essere proprio incanalato in questa direzione. Come affermato infatti dal Presidente Annunziata, in numerose occasioni ed in ultimo nel webinar di RETE, il compito di chi governa una AdSP è quello di ascoltare le istanze e di mettere in pratica tutti gli indirizzi che vengono dalle istituzioni, dagli stakeholders, dalla “buona” politica, dal mondo sindacale e, soprattutto, dal territorio fatto di associazioni. Ma per fare questo, per poter sfruttare le potenzialità del territorio, occorre unirci tutti in una stretta sinergia, c’è bisogno di confronto, eliminando gli egoismi ed i motivi di contrasto atavici che hanno rallentato, se non fermato, i processi di integrazione. Si tratta di una grande sfida il cui obiettivo comune per tutti deve risultare quello di riqualificare i porti della Campania, senza alcuna concorrenza, e, soprattutto, ridurre le differenze sociali tra Napoli Est e Napoli Ovest.