Trecentosessantacinque giorni: e ci siamo ancora inesorabilmente dentro! Subdolo, sconosciuto, insidiosamente piccolo eppure “sovrano invisibile” capace di mettere in ginocchio la serenità “mondiale”. Da mesi oramai subiamo attraverso bombardamenti mediatici, d’ogni genere e grado, la pressante angoscia di questo ospite indesiderato che si è aggrappato alle nostre vite alloggiando nelle nostre case, sottraendo ad esse un bene preziosissimo: la normalità. Quella delle piccole cose scontate e quotidiane come aprire una finestra a lavoro, scambiarsi una penna, offrire una caramella: gesti così automatici, abituali, inconsapevoli che tuttavia oggi sono diventati fortemente temuti, proibiti ed ancor peggio pericolosi. Come la gigantesca onda di un improvviso maremoto ha risucchiato in sé con possente velocità di propagazione, beni primari come: la socialità, i sorrisi, gli abbracci, la convivialità, la spensieratezza imprigionandoli in un baule arenato su fondali assai remoti.

Sembrava così lontano da noi che è stato addirittura inizialmente sottovalutato ma pian piano poi ognuno l’ha avvertito più prossimo e ne ha subito le implacabili conseguenze. Surreale direi la velocità con cui siamo dovuti repentinamente abituare a modus operandi così assurdi e poco confortevoli per chi è abituato a fare del “contatto” uno stile di vita: tutto è diventato distaccato ed impersonale pilotato dall’ambivalente connubio tra paura ed ossessione. C’è ancora molta strada da percorrere prima di arrivare sulla vetta della montagna e respirare a pieni polmoni l’aria pura della libertà, ma ognuno di noi nel suo piccolo deve essere consapevole del gran senso di responsabilità che quotidianamente ci coinvolge, quando siamo chiamati ad ottemperare i doveri essenziali di cittadini.

Lockdown-Fear-750x330

Mi riferisco nello specifico alla salvaguardia dei colleghi nei luoghi di lavoro principale spazio in cui si verificano possibilità di aggregazione, quella dei parenti dalla salute più cagionevole, dei bambini nella loro fragilità di individui a cui dare l’esempio. Piccole attenzioni, pochissime regole che tuttavia ancora oggi spesso notiamo non essere state del tutto comprese o ancor peggio che vengono violate come simbolo di disapprovazione nei confronti delle imposizioni governative. Ma a chi facciamo del male, a chi ci stiamo ribellando, cosa vogliamo dimostrare? Il rispetto per noi stessi e per chi ci circonda è ciò a cui dobbiamo puntare ma soprattutto continuare a sensibilizzare senza temere giudizi, chi  ci giudica in maniera superficiale per la nostra rigidità per certi versi maniacale.

Puntiamo testardi ad evitare che l’immobilismo sociale a cui siamo costretti da un anno, non si tramuti anche in atrofismo mentale, poiché gli svariati “stop&go” che ci hanno eguagliati ad automobili ferme al semaforo in attesa che il rosso possa diventare arancio, che il giallo sbiadisca e tenda al bianco in realtà dipende principalmente da noi e dal nostro rigore all’ottemperanza delle regole imposte. Guardare al traguardo con fiducia, consapevoli che noi come cittadini stiamo facendo la nostra seppur minima ed insignificante parte, ci servirà per continuare a sperare che, nonostante questa “attesa” sia assai lunga e snervante, la tanto agognata riappropriazione della libertà sarà ancora più meritata ed apprezzata se frutto di consapevole senso civico dimostrato quotidianamente in favore dell’intera comunità.