Se l’incidente della Linea 1 affondasse le sue radici nella condizione di stress in cui si è costretti a prestare servizio, nella saturazione dei limiti tecnici ed organizzativi in cui si prova ogni giorno a costruire un’offerta dei servizi, nell’approssimazione gestionale in cui la proprietà e gli enti locali hanno voluto collocare scientemente quella che fu “Metronapoli”, e con essa ANM, molte delle teorie che si stanno sostanziando in queste ore non avrebbero albergo nella realtà, né per porre rimedio alle deficienze, né per costruire un’alternativa credibile. La creazione di un polo ferroviario metropolitano su scala regionale fu l’auspicio del terzo millennio, a partire dal 2001 con il varo della società comunale che partiva dopo la gestione di start up a cura del gruppo FS. Napoli aveva realizzato la società per il servizio del Metrò, esattamente come le altre città del Paese, e avrebbe potuto e dovuto, almeno secondo il Sindacato, interloquire fin da subito con le imprese ferroviarie regionali del gruppo EAV – Circumvesuviana, Sepsa, Metrocampania Nord Est – ma la cosa non fu presa nemmeno in considerazione, con grande stupore, visto che in quegli anni il “colore” delle amministrazioni, regionale e comunale, erano simili se non sovrapponibili. Negli anni a venire, con il cambio a palazzo San Giacomo, ci fu un’espressione molto chiara da parte del novello Assessore ai Trasporti del Comune di Napoli, che alla richiesta del Sindacato, nel corso di un convegno pubblico, circa la possibilità della creazione di un solo gruppo ferroviario metropolitano regionale rispose letteralmente: “giù le mani da Metronapoli”.
La separazione se non l’avversione tra Santa Lucia e San Giacomo è continuata e continua ancora, tagli insostenibili ai contratti di servizio, riduzione se non azzeramento di ogni investimento, di rinnovo del materiale rotabile, di manutenzione di mezzi e infrastruttura, blocco del turn over e politiche tariffarie devastanti hanno fatto il resto, portando quella che sarebbe potuta e dovuta essere un’occasione di sviluppo in un altro sconcio i cui responsabili certamente non sono alla guida di un treno. Ci sono tutti gli elementi per individuare le responsabilità e soprattutto le vie di uscita, attenzione però a fantasticare realtà di altre città che non sono proprio come vengono narrate. Milano ha in ATM una realtà produttiva su scala comunale e un’altra regionale, Trenord, nata tra Le Ferrovie Nord Milano e Trenitalia per la gestione dei servizi su ferro Regionali (senza la Metro) e ad osservare bene non ci sembra essere stata proprio una scelta vincente o quantomeno di grande successo condivisa dagli utenti. La gestione dei servizi regionali del gruppo Fs con Trenitalia non va confusa con i servizi dell’Alta Velocità, né tantomeno con il Servizio Universale che attraversa il Paese e diverso dalle Frecce, sono due mondi distinti, divisi e diversi e non sono quelle le risorse umane ed economiche che ricadrebbero e che ricadono sulle gestioni regionali. Ritornare a parlarsi, tra le amministrazioni regionali e comunali, provare a costruire un polo ferroviario a partire dal gruppo EAV ed ANM, ridisegnare la mappa dei servizi e degli investimenti potrebbe essere un primo passo per una sana prospettiva di ripresa del comparto verso livelli di decenza che non sono rinvenibili in nessuna delle realtà regionali né comunali delle cinque province.
Il modello gestionale sicuramente è importante ma bisogna verificare bene la natura dei players, come sta avvenendo del resto nei comparti della gomma; in molte realtà si sta determinando un fenomeno che dovrebbe far riflettere: perché se molte gestioni pubbliche locali sono fallite e ad esse è subentrata una Srl a sua volta “pubblica” (in quanto di proprietà del gruppo FS), a sua volta impresa Spa pubblica del gruppo del Ministero dell’Economia e delle Finanze si continua ancora a parlare di gare e privatizzazioni come se fossero una minaccia? Se il disegno è quello di ricentralizzare tutto, perché far vivere un disastro al Paese per poi intervenire? Si deve prendere atto che è fallito un modello di trasferimento delle competenze dei trasporti agli Enti Locali anche per averne tagliato inesorabilmente le risorse trasferite, quindi si faccia un’operazione di verità e di lealtà verso i cittadini e i lavoratori, si ponga fine allo scempio e si intervenga con i poteri sostitutivi sugli enti inadempienti e si restituisca un futuro alle nostre comunità e alle stesse aziende che hanno avuto anni di grande prestigio prima che finisse tutto in “politica”.