A scendere in campo, stavolta, in occasione del quinto incontro del progetto “Oggi parliamo con…” le Rsu ed Rsa del trasporto aereo. A fare gli onori di casa e ad accogliere i delegati sindacali della Uiltrasporti Campania, oltre al segretario generale Antonio Aiello e il Segretario Organizzativo Annaliso Servo, il segretario di settore Giovanni Marino. Un incontro interessante, un dibattito pieno di idee e proposte sul riassetto della governance del settore al fine di favorire un intervento normativo per chiarire competenze, responsabilità e poteri dei soggetti che compongono la complessa filiera aeroportuale, aprendo un focus, nel contempo, sull’innalzamento degli standard qualitativi e di sicurezza per i lavoratori del settore. Emerge subito come negli ultimi 15 anni l’aeroporto di Capodichino sia cambiato radicalmente, sia in termini infrastrutturali che in termini di volumi da traffico assistito che è decisamente raddoppiato; si è passati infatti dai 5/6 milioni di passeggeri di 10 anni fa, ai quasi 11 milioni di passeggeri assistiti nell’anno 2019. Un notevole miglioramento che è sotto gli occhi di tutti. Ma mentre i volumi da traffico aumentano, i problemi restano sempre gli stessi. È strano vedere in una terra come la nostra, un’azienda come Gesac che aumenta la produzione ma non garantisce uno sviluppo occupazionale su un territorio così affamato come Napoli. Una società che ha il ruolo di gestore aeroportuale e che ha investito sull’attività di handling per guadagnare competitività attraverso operatori del settore che hanno come core business i servizi di assistenza a terra ma che non riesce a dare stabilità occupazionale. Davvero difficile da spiegare. Si sa, il comparto del trasporto aereo di per sé risulta essere fortemente esposto alla competizione industriale e all’agguerrita concorrenza internazionale. E la più grande difficoltà che vive l’aeroporto di Napoli è la stessa che esisteva 15 anni fa. Stiamo parlando della liberalizzazione dei servizi aeroportuali che ha prodotto una conseguente disomogenea distribuzione di ricchezza. Questo processo di liberalizzazione, che ha interessato il settore del trasporto aereo e i servizi aeroportuali, se da un lato ha consentito l’apertura del mercato con l’ingresso di nuovi operatori, dall’altro però non è stata capace di annullare la posizione dominante degli ex operatori monopolisti e non ha impedito agli operatori economici, sia compagnie aeree che aeroporti, di porre in essere comportamenti abusivi volti a neutralizzare gli effetti della liberalizzazione e a difendere le proprie quote di mercato. Il sistema ha così subito profondi cambiamenti, da un lato, la riserva originaria è venuta meno e il trasporto aereo si è aperto al mercato e alla libera concorrenza, dall’altro, gli operatori del settore hanno dovuto migliorare la propria capacità competitiva, anche in prospettiva di una privatizzazione sostanziale. E proprio da qui che partono tutti i problemi che vivono i lavoratori del comparto aereo. Perché quando si parla di liberalizzazione senza regole, si parla di posti di lavoro falciati, di azzeramento dei diritti e delle normative. E i comportamenti e le strategie abusive degli operatori del mercato, compagnie aeree e gestori aeroportuali, purtroppo sono all’ordine del giorno. Viene quindi da chiedersi se le distorsioni della concorrenza tuttora presenti in un’area così nevralgica come quella aeroportuale siano conseguenza di una cattiva liberalizzazione. E probabilmente è proprio così.
A Napoli c’è un gestore di aeroporto, Gesac, che lavora ed opera in regime di monopolio, responsabile della piena funzionalità dei servizi aeroportuali e dello sviluppo delle infrastrutture in termini di safety, security, qualità del servizio e della sostenibilità ambientale in conformità con le leggi europee e nazionali in materia. Lo scalo di Napoli è stato il primo aeroporto italiano ad essere liberalizzato: non c’era nessun tipo di esperienza pregressa in questo settore, Napoli ha tracciato la strada, un vero primato, ma resta il fatto che il processo di liberalizzazione è stato portato avanti in modo errato. Si è rimasti intrappolati dalle regole del libero mercato e dalla GESAC, che, titolare della concessione della gestione dell’aeroporto internazionale di Napoli, presentava l’idea di uno sviluppo legato all’ingresso di un nuovo soggetto addetto all’assistenza ai bagagli. Si pensava che Menzies avrebbe attratto vettori e aumentato in maniera esponenziale il volume di traffico e passeggeri con conseguente aumento dell’occupazione. Ma la scelta di un nuovo handler non è stata così vincente. Si è così arrivati ad indebolire ancora di più il sistema aeroportuale esistente e si è contribuito a portare le tariffe per i servizi offerti dalle società di handlers ai minimi storici e soprattutto tra le più basse in Europa, con conseguente impoverimento delle aziende e dei lavoratori del settore. Dopo questa esperienza si è però portato a casa un risultato davvero importante: il protocollo di sito, primo in Italia, che limita le operazioni in aeroporto a pochi soggetti in modo da rendere meno selvaggio l’approccio al lavoro, alle tariffe e alle condizioni lavorative dei dipendenti. Condizioni che purtroppo non sono ottimali per il personale che opera in questo settore perché la maggior parte di questi lavoratori hanno dei seri problemi di salute. Ci sono persone che non ce la fanno più a lavorare, perché il loro, inutile negarlo, è un lavoro usurante che andrebbe riconosciuto come tale, con i relativi riferimenti normativi. Persone che dopo anni di lavoro sviluppano patologie serie per i carichi eccessivi. Uomini che si occupano di carico e scarico nelle stive degli aeroporti e, a furia di farlo, consumano la cartilagine nelle ginocchia e non riescono più a reggersi in piedi, lavoratori che una schiena non la sentono nemmeno più a causa del dolore troppo forte. E per loro una soluzione non c’è, l’azienda non sa dove collocarli, anzi qualche volta decide addirittura di metterli in cassa integrazione illegittimamente, cosa gravissima, utilizzando in maniera arbitraria questo ammortizzatore sociale. Sarebbe necessario creare nell’immediato un serbatoio per questo personale, posti dove poter collocare questi lavoratori che arrivati ad una certa età, e dopo aver manifestato queste patologie così serie, possano essere inseriti in mansioni in cui il fisico non è più sottoposto a sforzi. E mentre l’aeroporto insegue ricavi da traffico e fatturato in crescita, i contratti precari aumentano e le ripercussioni sull’occupazione diventano inevitabili. Lavoratori che si trovano ad avere contratti storicamente stagionali, persone che dopo dieci anni lavorano ancora a 4 ore, dipendenti che dal 2011 attendono ancora la stabilizzazione. Tante problematiche, tutte di natura diversa. Purtroppo le condizioni di non garanzia occupazionale per le maestranze operanti nell’aeroporto esistono e a questo bisogna porre un freno. Aziende come Atitech, GH Napoli, hanno necessità di progetti concreti che mirino alla stabilizzazione dei lavoratori del comparto, che si prefiggano l’obiettivo di dare sempre più tutele ai lavoratori del settore. Salute, occupazione ma anche e soprattutto sicurezza. E sulla sicurezza l’allerta non può mai venir meno. Perché anche se le aziende sono in difficoltà e pensano agli incassi e agli utili di impresa, non bisogna mai permettere che queste abbassino i livelli di sicurezza per i lavoratori. Non bisogna consentire che le aziende risparmino sui mezzi, sugli strumenti e le attrezzature da lavoro. La sicurezza va messa sempre al primo posto e i lavoratori a casa ci devono sempre tornare. I morti sul lavoro, le malattie professionali e le stragi del profitto non sono mai una fatalità ma sono sempre il risultato della mancanza di adeguate misure di sicurezza. E per noi, questa, viene prima di tutto.