Ciao carissimo, mio unico amico di penna. Questa volta ti scrivo per avere da te un parere, su una riflessione che non so se è esatta. Sai, per quanto mi sforzi non riesco a pensare da uomo e visto che tu lo sei, ti chiedo una valutazione per sapere se è giusto ciò che mi è venuto in mente. Va detto sinceramente che io non ho mai amato il calcio come sport. Quella mattina piombarono a casa Germana e Benilde. Ancora ciabattavo visto che era domenica ed avevo da recuperare l’energia della settimana trascorsa. Puoi immaginare la mia faccia quando, aperta la porta d’ingresso, mi apparvero innanzi due donne esagitate. Ci volle più di qualche attimo per riconoscere in quelle sagome le mie care amiche Benilde e Germana, entrare tutte bardate da ultras. Tenuta azzurra, maglietta bianca con scritta Italia, scarpette rosa ma la sorpresa più grande furono le due capienti borse da viaggio. Un contenitore termico conteneva numerose lattine di birra, l’altra aveva al suo interno diversi tranci di pizza al taglio, popcorn e arachidi. L’entusiasmo delle due mi coinvolse: di lì a poche decine di minuti la tv avrebbe trasmesso la partita d’esordio della nazionale italiana di calcio femminile ai campionati mondiali.
Una partita difficile, mi fu spiegato, con l’avversaria Australia, al sesto posto del Rating Mondiale. Quale occasione migliore per comportarci da tifose nel sostenere le nostre sorelle di genere, lontane da ogni stereotipo, birra, pizza, noccioline e improperi liberi. L’impresa delle calciatrici azzurre contro le super palestrate virago-Australiane è nota a tutti. Cosa accadde nel salotto di casa? Indemoniate, tre donne che con passione e colorite espressioni, a loro desuete, sostenevano le calciatrici italiane, inveendo contro la fiscalità della signora arbitro ed esplodendo alle scorrettezze delle Mathildas. Così sono chiamate con affetto le giocatrici dell’Australia. Davvero una bella partita vinta da noi, contro tutto e contro tutti. Non avrei mai immaginato di entusiasmarmi tanto per un incontro di calcio. Nel tardo pomeriggio dopo inciuci di ordinanza, dopo vari commenti, Germana e Benilde andarono via portando con loro i contenitori tristemente vuoti. Mentre cercavo di dare un volto accettabile alla casa, mi trafisse la mente il ricordo di una cosa asserita dalla telecronista di Italia-Australia. Era stato spiegato ai telespettatori che il nomignolo Mathildas era stato affibbiato con affetto e tenerezza alle ragazze della nazionale australiana da tutti i tifosi di quel lontano paese. Fin qui tutto molto dolce, quel che mi lasciò perplessa fu la spiegazione sulla scelta di tale vezzeggiativo. La dotta telecronista spiegò, in corso di trasmissione, che Mathildas era il nome dato alle stuoie su cui si abbattevano sfiniti i lavoratori itineranti australiani, al tempo della tosatura delle pecore, quando ancora quel lavoro non era meccanizzato. Mi venne agli occhi l’immagine di quei forzati, che dopo 14 ore di pesante lavoro, in mezzo alla polvere e dopo aver consumato il pasto serale agognavano ad un po’ di riposo. Per chiudere la giornata con leggerezza, vista la nostalgia di mogli e fidanzate: “Ehi Fred dove vai?“. Risposta: “Dove vuoi che vada Ned, mi stendo su Mathildas, e tu?“.
“Buona idea Fred, farò anche io la stessa cosa!”. E giù risate complici. Forse qualcuno lo dovrebbe dire alle donne giocatrici australiane! Ora dimmi, cosa ne pensi? Forse esagero? Oppure no. Ciao salutami chi vuoi Rujamar!