Era il 2016, recente passato dunque, quando con i suoi 178 dipendenti (provenienza Alenia) prendeva vita il polo delle manutenzioni aeronautiche Atitech Manufacturing con un futuro delineato da aspettative di forte crescita delle commesse e dei relativi livelli occupazionali.
Questi i proclami. Ma appena pochi mesi e ad essi sono succeduti solo silenzi e mancanze. Nessun futuro radioso, nessuna crescita agognata, niente di niente se non incertezze e disillusione. Circa un terzo della forza lavoro complessiva di Atm è stata impiegata nella sede di Torino su vecchie commesse del C-27J Alenia/AirMacchi, la restante parte invece è rimasta a Napoli ad effettuare lunghi ed improbabili corsi di formazione che sanno di temporeggiamento.
Inoltre, ciliegina sulla torta, nonostante gli accordi sindacali siglati garantivano almeno cinque anni prima di una eventuale cassa integrazione, dopo nemmeno due ecco applicarla con le ovvie conseguenti proteste dei dipendenti Atitech Manufacturing.
Da qui le lotte, le proteste, gli incontri con le organizzazioni sindacali, mesi di trattative ed ansie per tutti, fino allo scorso mese quando si è ufficializzato l’accordo sottoscritto a luglio tra Atm, sindacati e Leonardo s.p.a. relativamente al piano di rientro delle 178 unità lavorative in quest’ultima.
I primi 45 lavoratori Atm sono stati già assunti nella sede di Pomigliano il 1 febbraio, come previsto dall’accordo. Ulteriori 30 verranno poi assunti, sempre nella stessa sede, a partire dal prossimo 1 marzo. I criteri di prima selezione delle 75 unità complessive sono stati il profilo professionale necessario e la precedente conoscenza da parte della linea di produzione del personale interessato.
E il destino dei restanti 103 dipendenti Atm? Leonardo garantisce che in tempi rapidi sarà costituito il tavolo per l’analisi dei bisogni occupazionali di tutti gli altri suoi siti nazionali per trovare, entro il prossimo ottobre, la ricollocazione di tutti i lavoratori Atitech Manufacturing.
Presto conosceremo dunque i risvolti di questa triste vicenda, che comunque si conclude lasciando grande amarezza per un tipo di imprenditoria dalla dubbia finalizzazione e per i conseguenti affanni di tutti i lavoratori coinvolti.