Quella mattina, mi alzai con una straordinaria sensazione di leggerezza, capii la ragione allorquando feci come al solito per recarmi in bagno e mi vidi disteso sul letto. Il terrore fiondò su di me, feci per afferrare le spalle e scuotermi dalle coltri, niente, non riuscivo ad avere “presa”. D’improvviso una voce, la mia: calmati, dai, è successo, succede a tutti! A quelle parole un senso di pace mi avvolse, mentre vedevo parenti e familiari entrare in camera, tutti con espressioni contrite, affollarsi ai piedi del letto vicino a me disteso, sentii un irresistibile richiamo dall’esterno. Non posi di mezzo indugi, anche per una strana forma di disagio, mi lasciai li disteso ed attraversando la parete mi trovai in giardino. Una volta fuori, vidi al di là del viale che costeggia l’abitazione, un uomo che se ne stava lì con le braccia conserte sotto uno dei platani che circondano il rondò. Mi fece cenno di avvicinarmi; nel fare ciò mi resi conto che camminavo ma che i piedi sfioravano il terreno senza calpestarlo.
Chi mi aveva chiamato era una persona di media statura, in completo blu con giacca alla coreana, portava i capelli pettinati all’indietro ed un paio di importanti baffi. Ciao, mi disse e pronunciò il mio nome, noi non ci conosciamo, sono incaricato di farti compagnia fin quando non sarai padrone del tuo nuovo stato, puoi chiamarmi Barnaba. “Con il mio nuovo stato”, chiesi. Sai benissimo cosa ti è successo, il fatto in sé non ha niente di eccezionale se non perché fai l’esperienza, io faccio parte di un gruppo, come dite voi laggiù, ah sì, un comitato d’accoglienza. Ci incarichiamo di introdurre i “nuovi” nella condizione diversa che trovano da noi, anche tu, più in là, ne farai parte. Sai, con tutti i problemi che ci sono gli arrivi sono sempre più massicci. Domanda ciò che vuoi sono qui apposta. “Dove siamo”? Chiesi. Nel purgatorio, non oso sperare nel paradiso. La cosa è più semplice di quanto crediate, rispose, non c’è inferno né paradiso. Qui è una eterna primavera il tempo è sempre luminoso, non si ha fame né sete né sonno, finiscono le passioni l’amore, l’odio, più niente. Ma allora, dissi, quel che ci insegnano; fermo mi interruppe Barnaba, qui non si vede niente delle cose che si dicono laggiù, non sappiamo perché è così, è così e basta. Tutti quelli giunti qui hanno provato a dare risposte, anche io, ma non ci sono risposte, al meno fin ora non ne sono state trovate, per questo la necessità di accogliere tutti quelli che arrivano uno per uno. Ma cosa si fa, che posto è, dissi. Questo è l’aldilà e come tale non ha un nome, rispose, non si fa niente. Molti, dopo un primo periodo impiegato a cercare parenti ed amici si rendono conto della situazione e gli prende la noia. Immagina, continuò Barnaba, star qui senza bisogni da soddisfare, senza amori da condividere, gli odi ormai inutili perché diventati sterili, nessuna passione né per l’arte né per il gioco, per la carriera, niente, solo insopportabile noia. Una noia infinita, continua, senza soluzione, senza speranza. Se è così il tutto è molto triste dissi. Certo di una tristezza incommensurabile, affermò la mia guida. Ma è bene che ti svegli. La cosa peggiore, qui dopo la noia, è la tristezza che ti assale, il senso della perdita e si riesce ancora a provare pietas per quelli laggiù per come si sprecano.
Ma come, dico, la pietà ancora si prova? Solo quella fa Barnaba, perché da dove siamo noi vediamo come buttano via tutto, come sono stolti con le guerre, i genocidi, la loro inutile violenza a sé stessi ed al mondo che li ospita. Qui c’è il modo per capire. Tu mi stai dicendo che non c’è il paradiso ma la vera gioia è là, sulla terra. Già, l’hai capito subito, parola di Barnaba, rispose guardandomi negli occhi e aggiunse perciò sappi fin da ora quanto è bello essere vivi. Che cosa preziosa è la vita con le sue miserie per le sue bellezze, sarebbe sublime senza il terrore dell’ignoranza e della stupidità. Qui si è in un sogno incompiuto per l’eternità! Ragionai su quanto avevo sentito, un sogno? Già, era tutto un sogno e così mi svegliai! Fuori c’era il sole, io avevo un robusto appetito e voglia di sentir profumi, ero felice, ero vivo!
Vi saluto e sono L’autoferroagricolo!