Dalla poltrona ove era solito leggere i suoi amati libri a Xavier bastava alzare lo sguardo attraverso i finestroni del corridoio per vedere le foglie della vite che d’estate ombreggiava la corte, conferendo ad essa una verde luminosità smeraldina. Ora in questa tarda mattina di fine autunno le foglie hanno cambiato colore, villano dal marroncino al giallo oro, cambia la luce, la corte sembra invasa da un polviscolo dorato, bello, forse un po’ struggente.
Mentre riflette sul fatto che lo scorrere del tempo ha i suoi colori, Xavier vede sul davanzale dei finestroni accoccolata in posa di sfinge Cleo. La gatta di casa, se avesse potuto scegliere non poteva trovarsi una livrea più elegante. Essa è tutta bianca ad eccezione delle orecchie nere e della coda, anch’essa nera, la divisione del colore sul vello è netta, precisa come fatta da uno stilista. Con l’eleganza tipica dei felini, quei colori e gli occhi giallo-verdi non poteva che chiamarsi Cleo.
Come avesse ’’sentito’‘ i suoi pensieri gira la testa e gli lancia uno ’’sguardo’‘ di sufficienza, quasi a ribaltare i ruoli, non Cleo ospite in casa di Xavier ma lui in casa di Cleo! E come se avesse preso la ’’linea” Xavier comincia a comunicare i suoi pensieri a Cleo in modo silenzioso con la mente, lei continuava a guardarlo ad ’’ascoltare”. E lui parlò di tutto quello che gli passava per la testa e ‘lei’‘ sembrava sentisse.
Disquisì di alcune ricette, della ribollita, le differenze tra il caciucco livornese ed il brodetto abruzzese, da non confondere con quello marchigiano, della quantità di aglio da mettere nella bouillabaisse che fanno a Marsiglia. Da lì si passò alle antiche occupazioni degli antenati di Cleo nell’antico Egitto, del fatto ch’essi, i gatti, fossero considerati sacri; su questo punto Xavier e Cleo si trovarono d’accordo. Più che sacri i felini erano utili per custodire gli immensi granai del Faraone dai roditori, perciò tenuti in grande considerazione, un regalo per l’appunto ’’divino”. Qualche idea di come collocare la politica estera del nuovo presidente degli USA, una puntatina alla legge elettorale, uno ’’sguardo”allo Ius soli.
La cosa inverosimile era che se fosse intervenuto un terzo ’’attore’‘ in quel fantasmagorico dialogo sarebbe rimasto tagliato fuori finché non avesse trovato la giusta lunghezza d’onda. Le coordinate le dettava Cleo. Xavier aveva la sensazione che gli fosse stato aperto uno specialissimo canale di comunicazione che Cleo poteva chiudere quando voleva appena si fosse ’’seccata’‘ del ’’blaterare’‘ degli umani. E così andarono avanti i due, Xavier con in mano un libro ormai chiuso che parlava con la mente e Cleo che ascoltava compiaciuta e presente.
Si toccarono un sacco di argomenti, come si dice dalla a alla z. Poi Cleo si alzó sulle zampe, stirò la schiena, guardò Xavier come a salutarlo e con grazia saltò sul pavimento ed a coda dritta si allontanò dignitosamente. Oh signore! Quanto tempo era trascorso, quanti argomenti, alcuni futili altri interessanti, certi personali talaltri collettivi. Xavier si sentiva sodisfatto ma stanco, era stato ad argomentare per molto, già, quanto?
Alzò gli occhi per guardare l’orologio e con stupore si rese conto ch’erano passati non più di cinque minuti. Come è possibile si chiese, con Cleo poi! E di lì ad un attimo gli venne la risposta. Nonostante si viva nel secolo della comunicazione in realtà sì è soli, come quando si nasce, soli viviamo, come quando si muore. Ma allora di cosa comunichiamo tra umani se ci resta un mondo di solitudine?
Vi saluto e sono L’autofferoagricolo!