C’è chi sostiene che il senso di appartenenza dei dipendenti di un’azienda possa incidere e decretare una delle chiavi del successo della stessa azienda. Tutti dovrebbero poter contare su lavoratori motivati, capaci di agire nell’interesse della propria azienda, che con orgoglio e fierezza possano definirsi “appartenenti” ad una vera e propria famiglia. Uomini, donne, persone che la mattina si alzano e si recano sul proprio posto di lavoro consapevoli del proprio ruolo, delle proprie responsabilità e del compito a cui si è soggetti, al servizio della collettività. Basta guardarli negli occhi, la mattina presto, la sera tarda, quando salgono sul bus per effettuare le corse e accompagnare a lavoro e a casa i viaggiatori sul manto stradale dissestato, quando portano quel treno in galleria avanti e indietro, senza guardare la luce, quando aprono i cancelli delle stazioni mentre la città ancora dorme, quando controllano il cruscotto delle auto sotto la pioggia o il sole cocente. Sono gli uomini di un’azienda che ha un’antica storia, un’azienda che ha “preso” lavoratori di tre realtà diverse e li ha messi insieme in un momento di grave difficoltà economica, ma questo momento di grave difficoltà non è ancora finito, anzi è peggiorato. Tutti questi lavoratori, nonostante i loro mestieri diversi, hanno in comune un’unica cosa. Il lavoro.
C’è chi ha la passione per il proprio lavoro più forte di un altro, ma tutti, proprio tutti, un lavoro ce l’hanno. Da chi svolge le proprie mansioni a contatto con l’utenza, a chi guida i mezzi, a chi gestisce dietro le quinte questa grande macchina burocratica che è l’ANM. Oggi questi uomini e donne non hanno più quella scintilla negli occhi che avevano prima, quando svolgevano il proprio lavoro. La loro azienda è al collasso, la loro azienda è in cattive acque e la strada per la sopravvivenza sembra sempre più tortuosa. E non sanno più con chi devono prendersela. O meglio, lo sanno. Si dice che non c’è nulla di più fragile di una promessa e questi uomini e donne sono stanchi delle promesse di chi dovrebbe avere a cuore le sorti di una azienda così importante per il Sud Italia, ma che non solo dimostra di fregarsene, ma addirittura nega la presenza ad incontri programmati che dovrebbero servire a salvarla questa azienda.
Disinteresse? Mancanza di responsabilità? Volontà di farla fallire? C’è probabilmente chi a cuore questa azienda non ce l’ha, c’è chi non comprende che questa gente che ci lavora in ANM può vivere un dramma, il dramma del lavoro, la malattia più forte del nostro secolo, e poco importa se questa gente ce l’ha nel sangue la passione per il proprio lavoro, poco importa se questi uomini e donne hanno il sorriso sulla faccia e la dignità nel cuore quando la mattina e la sera smontano dai propri turni di lavoro, poco importa se a casa di questa gente i soldi servono per mangiare, poco importa se a questi lavoratori resta la mortificazione quotidiana di lasciare la gente a piedi e di non essere in grado di offrire alla cittadinanza un servizio di pubblica utilità. I lavoratori di ANM sono la vera forza invisibile, quella che è stata veramente in grado di portare avanti un’azienda negli anni e non è giusto che paghino loro. La “vera forza” perché costituiscono il principale elemento in grado di favorire il cambiamento all’interno della loro organizzazione, “invisibile” perché rappresentano i simboli, gli atteggiamenti, le norme e i comportamenti dell’azienda ma sono la vera azienda. È per loro che questa dura vertenza deve chiudersi positivamente è per loro che bisogna lottare fino all’ultima briciola di forza per garantire la continuità aziendale. Si sta scrivendo la pagina più nera e dura per la storia di ANM, la pagina che nessuno avrebbe mai voluto leggere, ma a noi, a differenza di qualcuno, al lieto fine vogliamo ancora crederci, lo si deve a tutti, proprio tutti.