Xavier quella mattina si era alzato bene, ancora in pigiama e scalzo aveva aperto la porta della cucina che dava su una piccola veranda. Da lì si poteva verificare la maturazione dell’uva sul pergolato, quasi decise ch’era il giorno adatto per la sua mini vendemmia, il sole splendeva e l’aria era mite. La sua attenzione fu richiamata all’interno dal sibilo della caffettiera, riempitosi il bricco di caffè si riportò in veranda, di lì la visuale della corte cambiava, si vedeva sempre il pergolato, ma in fondo ad esso sotto il noce giaceva accatastata la legna per l’inverno ch’era stata portata giorni prima. A quella vista si disse che l’uva poteva attendere ancora un po’, andò in rimessa, scelse tra le due l’accetta più maneggevole ed, indossati un paio di guanti da lavoro, si avviò senza gioia.
Non c’era niente di piacevole nello spaccare legna, solo la consapevole violenza della necessità. Il trillo fastidioso del telefono lo fece fermare, la cosa gli creò fastidio ora che s’era convinto, poi quel suono acuto gli sembrava chissà perché foriero di brutte nuove. Afferrò il cordless, sul display un numero lunghissimo, un prefisso strano, forse dall’Inghilterra. Pronto, si sentì dire un po’ seccato dall’altra parte uno strano farfuglio, poi un pronto con un forte accento. Era una donna; sono Priscilla, ti ricordi di me? Certo si ricordava, la ragazza dai lunghi capelli rossi originaria della Scozia residente a Londra, l’ultima fidanzata del suo amico Leonida. Erano stati ospiti da lui, Xavier ricordava con piacere quella settimana di due anni prima. Priscilla un piacere per gli occhi, bella ed intelligente, lui, Leonida, un uomo che amava la vita, la buona tavola la buona compagnia, robusto e schietto come il vino che produceva. Si erano lasciati, non ricordava perché ma sicuramente per futili motivi che sembrano insuperabili solo agli innamorati. Gliene aveva parlato Leonida quattro o cinque mesi dopo la loro visita.
Di seguito Xavier ed il suo amico si erano sentiti saltuariamente per telefono, fin quando sei mesi prima durante la loro ultima conversazione Leonida aveva detto che avrebbe richiamato lui, doveva guardarsi intorno, visto che di lì ad una settimana sarebbe andato in pensione, proprio pensione aveva detto. Leonida aveva momenti così, poi di solito riappariva dopo un po’ di tempo, magari senza preavviso, ed ecco, la sua simpatia, la genuina esuberanza ti avvolgevano, diventava bello passare il tempo con lui. Tutto questo torna alla memoria di Xavier in un attimo. Ciao Priscilla come va? Non bene, rispose, non sai nulla? No, cosa dovrei sapere? Ed ecco la brutta notizia che aveva intuito, con voce soffocata sentì Priscilla dire: Leonida è morto! Ma come, non ci credo. Ma i singhiozzi della ragazza lo convinsero, ormai da tre giorni Leonida non c’era più. Ti ho spedito diversi messaggi al tuo indirizzo di posta elettronica, sentì dire da Priscilla, possibile che tu non abbia visto?
Xavier per quanto turbato riuscì a spiegare che lui non era in buoni rapporti col suo computer, in verità con i computer in generale, alle volte passavano settimane senza accendere il marchingegno. Xavier e la ragazza parlarono ancora un po’ di Leonida, di come era successo, di come era facile affezionarcisi. Priscilla disse che doveva andare, si sarebbero risentiti, ciao. Xavier si guardò intorno, la stanza dove era gli parve più grande, come se la dipartita di Leonida avesse lasciato un vuoto anche fisico, ebbe voglia di sedersi sulla sedia senza far nulla. Dopo un po’ si scosse, uscì dirigendosi verso la legna da spaccare, afferrò l’accetta e cominciò a menar colpi sui ceppi come se quello che era successo fosse colpa loro. Prima lo sgomento poi la rabbia. Ma come, era andato in pensione ed era morto! Cinque mesi di sporca maledetta pensione e si muore? Dopo anni di lavoro, gli vennero in mente tutti quei ”goditi la pensione” che si dicono tra colleghi. Oh sicuro farò tante cose che non ho potuto fare prima. Ma quali? Bere una cassa di birra con gli amici? Correre in macchina in una notte di luna piena? Vivere gli amori persi? E prima non potevi, no, prima dovevi lavorare per almeno quarant’anni, già, per andare in pensione. Così una volta andato avresti fatto le cose che il lavoro ti impediva di fare.
Che bella fregatura, il lavoro ti succhia la vita, ti illudi di recuperarla con la pensione, con tutto quel tempo libero, illusi! Leonida ne aveva avuto tanto di tempo libero, ben cinque mesi, chissà cosa aveva recuperato! Mentre Xavier continuava a menar d’accetta, ritornavano in mente altri ”fortunati’. ‘Igino se ne era andato a tre mesi dalla sospirata pensione, non l’aveva proprio vista, Guglielmo, Mattia, Liborio, ma anche altri, ogni nome un dramma, ogni nome una fregatura del destino. Si fermò ansimante, il sudore gli colava dalle spalle, negli occhi, dal mento ne scorreva un rivolo fino a terra. Se l’era preso con la legna, almeno un po’ si era sfogato, si sedette su un ceppo, a bere acqua. Ma quale destino, un ”sistema’‘ che fagocita tutto, anche i presunti fruitori. Stressati, esauriti, fino allo sfinimento per i due terzi della tua aspettativa di vita, poi in pensione ti rifai. E tutti come tanti asini a marciare appresso alla carota-pensione, il bello è che ci crediamo tutti, o almeno crediamo di crederci. Poi una mattina ti telefona Priscilla o Cunegonda, magari Abelarda e le loro lacrime ti riportano a terra dalla grande illusione. Ciao Leonida, sarai sempre nei miei pensieri. Però quanto sono fortunato si disse Xavier….Ancora spacco legna!
Vi saluto e sono L’AUTOFERROAGRICOLO!