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Certamente resta l’amaro in bocca pensando all’entusiasmo che suscitò l’elezione del primo presidente Usa di etnia Afro – Americana. Gli annunci programmatici disvelati al mondo rigenerano antiche e nuove speranze in quella parte di popolazione di larghe vedute. Dopo aver promesso il ritiro delle truppe Americane dai vari teatri conflittuali, e la chiusura di Guantanamo, carcere di massima sicurezza per terroristi di tutti i continenti, ha fatto i conti con la crisi finanziaria del 2008 ma soprattutto con la realtà del suo paese.

Alla scadenza del secondo mandato il quadro appare in chiaro-scuro, sicuramente più ombre che luci. Obama come ogni buon idealista ha cercato di mantenere la parola data, ma l’eredità politica degli ultimi settanta anni degli Usa ha frantumato i suoi sogni e quelli di qualche miliardo di persone. Non si diventa superpotenza se non si controlla, non si previene e non si zittisce qualsivoglia ingerenza. Se poi si resta da soli a fare lo sceriffo del mondo, si rende necessario anche l’utilizzo della forza sia pure a bassa intensità. Ed il nostro sia pur baracchianamente è gioco forza giunto a compromessi. Ciò non lo ha fatto strisciare nella polvere, ma nemmeno si è liberato in volo, scontentando tutti. Non sono contenti gli integralisti cristiani sia negli Usa, che quelli dei paesi alleati. Gli integralisti Islamici hanno scambiato la politica di Obama per debolezza.

L’abbandono del M.O. da parte Usa dopo tutti i disastri fatti, pensando di poter lasciare la gestione di quei problemi in parte da loro creati, ad un intervento dell’Europa. Ma come poteva l’Europa se pur unita sostituire la forza militare Americana in quei luoghi? Un’Europa tenuta succube e marginale decisionalmente per settanta anni dall’amico americano. Anche l’orso ex sovietico seppur con gli artigli un po’ smussati si è messo a vociare nell’est geografico europeo. Putin,  rivendicando la perdita degli ex paesi satelliti alla causa Russa, si rosicchia l’Ucraina e fa pressione sul Baltico. Ciò comporta l’agitarsi spaventato delle ex colonie Europee della Santa Madre Russia. Così al termine della presidenza Obama, molto pragmaticamente dopo aver concluso un accordo commerciale di libero scambio in estremo Oriente, imbrigliando quelle che una volta si chiamavano le Tigri Asiatiche, sta premendo per un accordo simile con la U.E..

Forse tutto questo sarà buono, una cosa è certa, si disegnerà un nuovo equilibrio che renderà il mondo ancor più Americano centrico. Qualcosa di buono e stato fatto dal presidente Usa, in politica interna. Ottima l’assistenza sanitaria per tutti, buoni i tentativi di limitare lo strapotere delle banche Americane, buono il salario orario minimo. Ma nel resto del mondo la delusione per il non operato di Obama è tanta, e gli può essere considerato un prigioniero degli usi dell’Usa. Si può prevedere per il nostro, un futuro di conferenze e consulenze ben retribuite, tanto da non dover mettere in dubbio la pagnotta. Qui cala il sipario su una mancata promessa di speranza.

XAVIER XIMENES