Il bilancio e i conti di una grande società come l’Ente Autonomo Volturno, nota alle cronache soprattutto per l’ammontare dei suoi debiti che in altre realtà avrebbero già determinato la chiusura dell’azienda senza soluzioni di continuità, fanno sempre notizia, tanto più quando si vuole necessariamente individuare le cause che hanno portato a questo disastro finanziario. Ma le polemiche sui media e poi sui social, lo si sa, non aiutano mai a comprendere le cause, la storia e le responsabilità di una situazione finanziaria complessa, condizionata per lo più da problemi strutturali che, se non risolti, continueranno in futuro a minare in modo irreversibile la sostenibilità economica di un’impresa affossata dai suoi debiti. Rimettere in equilibrio le finanze della più grande azienda regionale di trasporto pubblico e al contempo trovare le risorse per finanziare pesanti interventi di manutenzione e di rinnovamento del parco rotabile in un quadro generale di riduzione degli stanziamenti in favore dei servizi pubblici non è impresa facile. Da tempo la dirigenza aziendale ed il commissario ad acta Pietro Voci stanno lavorando per un piano di riefficientamento aziendale che miri prima di tutto a salvare l’EAV dal fallimento ma anche salvaguardare il diritto alla mobilità degli utenti. È ormai noto a tutti che la fusione tra Circumvesuviana, Sepsa e Metrocampania NE ha dato origine ad una società di trasporto pubblico che sopravvive solo per effetto di una norma che impedisce ai creditori di agire sul patrimonio di EAV sino al 31 dicembre 2016. Termine oltre il quale, in assenza di un ulteriore proroga o di un piano di risanamento dei conti efficace, sarà davvero difficile immaginare uno scenario diverso da quello della bancarotta. L’obiettivo dichiarato dalla dirigenza EAV è quindi quello di recuperare in termini di maggiori entrate e minori spese almeno 15 milioni di euro entro la fine dell’anno, e contemporaneamente garantire una maggiore efficienza alla compagine aziendale e una migliore qualità del servizio all’utenza attraverso una serie di interventi, tra cui il recupero dell’evasione tariffaria, tagli al servizio, ma soprattutto riduzione del costo del personale. Per fare questo, l’EAV ha avviato in queste settimane una fase di confronto con le organizzazioni sindacali per discutere del nuovo piano di riefficientamento del comparto ferro, che se attuato integralmente, porterebbe a regime un risparmio stimato di alcuni milioni di euro attraverso interventi mirati alla riduzione del costo del lavoro e all’aumento della produttività. Dalle decine di pagine che compongono il documento non sembrano emergere però soluzioni chiare e definitive ai problemi strutturali dell’azienda. Innanzitutto resta ancora il problema di come smaltire l’enorme massa debitoria, che in ogni caso potrebbe comunque condannare l’azienda ad una gestione della curatela fallimentare. Già negli anni passati sono stati intrapresi pesanti interventi di recupero a scapito dei lavoratori ma i sacrifici economici chiesti al personale e la riduzione del servizio in capo all’utenza, a distanza di alcuni anni non hanno sortito alcun effetto, tanto da rendere oggi indispensabile un ulteriore piano di recupero, che vede ancora una volta un taglio delle retribuzioni. Per le organizzazioni sindacali, continuare su questa strada, senza avere una certezza degli stanziamenti futuri diretti anche al sostegno degli investimenti nell’infrastruttura e nel materiale rotabile, vuole dire preparare l’azienda a un default annunciato. Pertanto, considerata la portata economica e sociale del salvataggio EAV, era indispensabile prima di qualunque discussione nel merito del Piano, chiedere un incontro chiarificatore col Presidente De Luca assessore ad interim ai trasporti. Tanti i dubbi, tante le approssimazio-ni, ma un’unica certezza: le scelte sbagliate e la colpevole inerzia degli ultimi anni hanno portato l’EAV ad una situazione finanziaria al collasso, dove l’alternativa al piano di riefficientamento sembra essere solo il fallimento, che allieverebbe la Regione di un pesante debito, ma che al tempo chiamerebbe direttamente in causa la politica per la messa in mobilità di migliaia di lavoratori compresi quelli dell’indotto. Uno scenario drammatico difronte al quale ciascuno dovrà assumersi le proprie responsabilità e dire seriamente se ci sono le intenzione di rimboccarsi le maniche e affrontare, con il sostegno dei sindacati, i nodi che altri prima di loro non hanno voluto o saputo affrontare. Solo così sarà possibile costruire un futuro all’EAV e recuperare quella credibilità e quella fiducia che negli ultimi anni è venuta decisamente a mancare nei momenti più importanti.
Francesco Di Palma